Cicciobello vede rosa
Rutelli sempre più solo Alla ricerca di una donna
Deluso, preoccupato. Spiazzato dallo strappo di Pier Ferdinando Casini. Ma deciso a fare il Terzo Polo. Con Gianfranco Fini, se “Pier” se ne va. Perché quello «spazio politico c’è e a queste elezioni ha preso il 16%», ripete Francesco Rutelli ai suoi. «Se Casini se ne va, non è che quello spazio scompare». Tanto più che abbandonarlo ora sembra fuori da ogni logica. Dice uno dei suoi: «Abbiamo fatto il Terzo Polo quando sembrava una follia e le due coalizioni erano al massimo della loro forza. E ora che il Pd si riduce alla foto di Vasto e il Pdl non c’è più, lo sciogliamo?». Certo, il colpo inferto da chi si è inventato il marchio del Terzo Polo è forte. Le incognite sono molte. Se si vota con questa legge, c’è il problema dello sbarramento al Senato. Ma se si coltiverà quello spazio, sostiene Rutelli, chi vuol vincere le elezioni dovrà far accordi con loro. E per rilanciare l’immagine del Terzo Polo, dichiarato morto da Casini, sta pensando di affidare a una donna la leadership. Il nome per ora non c’è. Ma il ventaglio è ampio. Sarebbe una scelta di rottura e di novità, anche per smentire le accuse di “vecchio” lanciate da Casini. I rapporti con il leader dell’Udc, intanto, sono ai minimi termini. Nemmeno ieri si sono parlati. Mentre il leader centrista si è sentito di nuovo con Fini. La prossima settimana, dicono nell’entourage del leader dell’Udc, potrebbe esserci un incontro tra i due. Ma solo per «tutelare i rapporti personali», ferma restando la «presa d’atto politica». Un divorzio civile, per così dire, come trapela dalla nota piuttosto fredda di Casini: «Conosco Francesco Rutelli da 30 anni e nessuna valutazione di carattere politico può inficiare la stima e la considerazione che ho di lui e della sua famiglia». I rapporti resteranno civili, ma il Terzo Polo è chiuso: «La foto Casini, Rutelli, Fini», si taglia corto nello staff del leader centrista, «non crea appeal». Tanti saluti, ognuno per la sua strada. Una mossa che in Api viene interpretata come «il totale rinnegamento di tutto quello che abbiamo detto e costruito in questi anni». Per andare dove, dice Pino Pisicchio, deputato di Api, è molto chiaro: «Nel momento in cui Casini dice che non c’è più il Terzo Polo, visto che i poli erano tre, vuol dire che ne rimangono due. Ritorna in un gioco bipolare». In parole povere: tutto questo polverone è per fare un accordo con Alfano (cioè Berlusconi) e tornare nel centrodestra. Scelta motivata, è la riflessione che si fa, da ragioni pratiche, più che ideali: a sinistra, si dice, non ha più carte da giocare, perché Bersani ha capito di poter vincere anche solo con la coalizione di Vasto, a destra teme che Berlusconi affidi il Pdl - o il nuovo partito che da questo potrebbe nascere - a Montezemolo. Una lettura ovviamente smentita dai fedelissimi di Casini: «Non siamo fessi. Di là ci sono solo macerie. Non ci siamo andati quando ci offrivano posti di governo, perché dovremmo andarci ora che sono alla frutta, anche solo per fare una federazione? Se la foto C-F-R (Casini, Fini, Rutelli, n.d.r.) non funziona, tanto meno quella C-A (Casini, Alfano, n.d.r.)». Quindi, qual è il progetto di “Pier”? «Bisogna fare un’operazione coraggio e novità». Detto in altro modo, Casini vuol giocare (ed eventualmente trattare) da solo. Rutelli e i suoi, in ogni caso, restano convinti che «lo spazio per un’area di centro c’è». Certo, da ripensare. Magari guidata da un leader che rappresenti sul serio una novità. Ma «noi non smobilitiamo». Intanto si punta a rinsaldare l’asse con Fini. Ieri in Sicilia Fli, Api, Mpa e Mps hanno stretto un patto per presentarsi insieme alle elezioni regionali. «Qui valiamo il 20%. Chi vuole vincere deve fare l’accordo con noi». È la prosecuzione della coalizione già testata a Palermo. Stessa decisione sembra esserci in Fli: «Lo scioglimento del partito non è nelle cose», mettono in chiaro gli uomini di Fini, convinti che all’origine della mossa di Casini ci sia anche questa loro decisione, oltre al deludente risultato dell’Udc. «Pier voleva che noi confluissimo nel Partito della Nazione. Ma significava entrare in un’Udc allargata. Che senso avrebbe avuto?». Il problema è il futuro. Se Casini si schiera, anche gli ex alleati saranno costretti a farlo. Il dilemma, per ora, è rinviato. «Noi», si dice in Fli, «al contrario di altri non abbiamo il problema dello sbarramento. Al 4% ci arriviamo». Ma il problema non è solo lo sbarramento. Se a destra nasce una federazione dei moderati, bisognerà decidere il da farsi. Metà Fli vorrebbe aderire. Ma l’altra metà no. Quanto ad Api, di fronte a una soluzione di questo tipo in molti prefrerirebbero di gran lunga allearsi con il centrosinistra. Del resto a Milano, con la giunta Pisapia, Bruno Tabacci ha già imboccato questa strada. di Elisa Calessi