Che bel lavoro, ministro Fornero:la riforma ci costa 18 miliardi
Un conto salatissimo (18,2 miliardi dal 2013 al 2020 più altri 2 miliardi e 225 milioni l’anno dal 2021), che in gran parte sarà sostenuto da imprese, lavoratori e contribuenti. Considerando che l’analisi impietosa della riforma del lavoro arriva dall’Adapt (l’Associazione fondata da Marco Biagi nel 2000), c’è da chiedersi se la tirata d’orecchie alla rivoluzione Fornero sia da derubricare alla voce “liti tra professori”, oppure affrontare i punti oscuri di una norma sbilenca e quindi avventurarsi tra le 368 pagine dell’istant book realizzato da giuslavoristi, avvocati, sindacalisti ed esperti di ogni sorta. La sostanza è che i costi di questa “rivoluzione” saranno pesantissimi e che finiranno in capo alle imprese. Con un paradosso: per rilanciare l’occupazione si tassano ancora di più le imprese che i quattrini dovrebbero (o potrebbero) adoperarli per assumere. Tra i tanti contributi che compongono il trattato, spicca l’analisi di Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro all’Università di Modena (ma anche ex consigliere del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi). Tiraboschi fa di conto: sui costi e sulle coperture. E qualcosa non quadra. Scrive l’economista: «In definitiva la norma non consente di comprendere (...) quanto la riforma prospettata peserà sulle maggiori entrate imposte direttamente a cittadini, lavoratori e imprese, e quanto, invece, deriverà dalle ulteriori misure fiscali». Vaghezza «che potrebbe pesare sulle future generazioni di lavoratori». Insomma, secondo Tiraboschi, la vaghezza delle norme lascia ampio margine d’intervento e fa balenare la possibilità che tutto il ballo in maschera orchestrato da Fornero possa dopo il 2013, dare una bella mazzata su tutti noi. Direttamente o indirettamente. Aumentando le imposte (come per l’Aspi), o riducendo la detraibilità per alcune spese delle aziende e dei professionisti. L’economista si avventura in un esempio di deducibilità per le «spese relative ai mezzi di trasporto a motore per professionisti, artigiani e commercianti (+12,5% di spesa per l’imprenditore) o per i loro dipendenti (+20%)». Le aziende ma anche i comuni mortali a reddito fisso. A copertura della riforma faraonica arriverà anche «l’addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri di aeromobili». Vale a dire un ennesimo balzello per chi ha l’ardire (spendaccione) di salire su un aereo. Malizioso, Tiraboschi, affronta poi i presunti risparmi ventilati dalla compagnia Monti-Fornero per il super mega Inps (più Inpdap già fagocitato a fine 2011) e per l’Inail. In sostanza, la riforma dovrebbe portare in dote una profonda razionalizzazione che farebbe risparmiare complessivamente ai due enti la bellezza di 90 milioni di euro l’anno. «Precisamente», spiega l’analisi effettuata dall’Adept, «le riduzioni imposte ai due “super-Istituti”, previdenziale e assicurativo, sono quantificate in 18 milioni di euro l’anno per l’Inail e in 72 milioni di euro l’anno per l’Inps». Taglio di costi che, ovviamente, dovrebbe partire ma soltanto dal 2013. E la riduzione potrebbe avere effetti pesanti sul servizio ai cittadini e aprire la porta ad una privatizzazione: «L’entità della riduzione complessiva delle spese di funzionamento dell’organizzazione di Inps e Inail», prevede l’economista, «appare talmente elevata da lasciar presagire interventi di riassetto organizzativo di vasta portata che non potranno prescindere da una decisa minore presenza territoriale dei due Istituti e, forse, anche da manovre di futura privatizzazione che drammaticamente inficerebbero il sistema complessivo di welfare. Ma senza ombra di dubbio, anche a voler credere che nessuna operazione di privatizzazione farà seguito a tale drastico ridimensionamento delle spese di gestione di Inps e Inail, l’effetto più pesante della riorganizzazione dei due Istituti, con spese di funzionamento annualmente enormemente ridotte», prevede, « sarà avvertito dai lavoratori che da essi ricevono assistenza e tutele». di Antonio Castro