Gradimento a picco

I ministri del Cav più amati dei Prof

Lucia Esposito

Mario Monti ha un problema. Più della metà del suo governo, infatti, è sconosciuta agli italiani. ND, non disponibile, per usare l’eufemismo di Repubblica. Da un decennio almeno il rilevamento che più fa discutere dentro ai Palazzi, crea fibrillazioni dentro alle stanze del potere, è quello realizzato da Ipr marketing per Repubblica, il “monitoraggio sulla fiducia, al premier, al governo e ai ministri”. Commissionato all'istituto napoletano dal quotidiano di Carlo De Benedetti, il sondaggione mensile causa entusiasmi e depressioni, suggerisce cambi di rotta o rilanci, è uno strumento utile, insomma, per chi ha responsabilità politiche. Quello diffuso ieri, però, descrive una vera e propria ecatombe per coloro che vengono pomposamente definiti “i professori”.  Il premier, tanto per cominciare, perde quattro punti, passa dal 55% di fiducia al 51%. Niente di grave, se non fosse che Silvio Berlusconi nel primo anno del suo mandato era stato sistematicamente sopra questa soglia. E non poteva godere, come invece il senatore a vita, su una grossa coalizione in Parlamento, un sostegno trasversale a tutti i partiti politici, della sospensione temporanea del bipolarismo. E nemmeno il Cavaliere aveva dalla sua il favore di tutta la stampa.  Il problema principale, però, non riguarda il premier, ma i suoi ministri. Per capirlo è sufficiente confrontare il monitoraggio di Ipr sul governo in carica e quelli effettuati sull’esecutivo guidato dal Cavaliere. Prendiamo l’ultimo, per esempio, quello di ottobre 2011. Nonostante il momento non fosse certo facile per i berlusconiani, che di lì a qualche settimana avrebbero lasciato Palazzo Chigi tra i lanci di monetine, tutti i membri dell’esecutivo del centrodestra godevano di un indice di fiducia superiore a quello degli attuali ministri.  Ecco qualche esempio. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, aveva un indice di fiducia del 57%; oggi la sua successora, Anna Maria Cancellieri, si ferma al 53%. Dietro il leghista, al secondo posto, ad ottobre c’era Maurizio Sacconi, ministro del Welfare. Il forzista godeva della fiducia del 51% degli italiani; oggi Elsa Fornero, in picchiata, si ferma al 42. Piero Giarda, fedelissimo del premier, ministro per i Rapporti col Parlamento e l’Attuazione del programma, è al 46%, mentre Gianfranco Rotondi ha chiuso la sua esperienza al governo col 49. E così via: la Guardasigilli, Paola Severino, è sotto di dieci punti rispetto all’indice di fiducia di cui poteva godere Angelino Alfano, quando era alla guida del dicastero di Via Arenula. I politici, verrebbe da dire, ispirano più fiducia agli italiani dei tecnici. In tempi di anti-politica, certamente sono dati che fanno ragionare.  Fiducia in calo - Tutti gli attuali ministri calano nell’indice di fiducia stilato ieri da Ipr, si fermano al 50% o molto sotto, godono della fiducia di meno della metà degli italiani. Il titolare dello Sviluppo economico Corrado Passera perde tre punti, Andrea Riccardi quattro, Francesco Profumo non si muove dal 43% e Corrado Clini dal 36. Il bello della rilevazione, però, deve ancora venire. Il ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero Milanesi, quello per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport Piero Gnudi, quello per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, per la Pubblica amministrazione e per la semplificazione Filippo Patroni Griffi, risultano “ND”. Lo stesso vale per i titolari di ministri importantissimi e molto visibili come gli Affari Esteri, Giuliomaria Terzi di Sant’Agata, quello della Difesa, Giampaolo Di Paola, delle Politiche Agricole, Mario Catania,  Lorenzo Ornaghi, della Salute, Renato Balduzzi. Anche loro, come appariva nella versione pubblicata sul sito di Repubblica ieri mattina, poi “ritoccata” per rendere questo dettaglio meno visibile, erano “senza voto”, cioè “ND”. Cosa voglia dire “ND” era scritto in calce alla rilevazione dell’Istituto di sondaggi e ricerche di Antonio Noto, in piccolo: «(nd) Il livello di conoscenza è troppo basso per poter avere un indice di fiducia significativo». In parole povere: non li conosce nessuno. Non sono bastate le interviste, le partecipazioni tv, le conferenze stampa. Evidentemente esiste un problema di comunicazione. O, più probabilmente, i ministri “sconosciuti” non sono riusciti a lasciare un segno, uno qualunque. Forse è anche per quello che ieri il Guardasigilli, Paola Severino, ha garantito: «Non ho intenzione di candidarmi alle Politiche». Perché per essere eletti, poi, servono i voti.   di Paolo Emilio Russo