Milano
Stefano Boeri, il testacoda dei giudici: i compagni si arrestano tra loro
Potrebbe essere il titolo di un’opera tragicomica: “compagni che si arrestano tra loro”... anzi no, “giudici che arrestano la sinistra”. Ma è il sunto di quello che sta avvenendo a Milano con la richiesta di arresti domiciliari per le archistar Stefano Boeri e Cino Zucchi, in relazione all’inchiesta sulla Biblioteca Europea. È bastata la notizia per agitare le acque della politica e gettare nel delirio una sinistra già abbastanza provata dalle elezioni di Trump e dai successi (svariati) della Meloni.
La decisione, va detto, rischia di avere effetti dirompenti. Non solo perché potrebbe paralizzare un progetto colossale atteso da decenni a Milano (si parla della Beic dal 2000) ma perché insinua il sospetto che nulla si possa più realizzare sotto la Madonnina senza incorrere nel tritacarne delle inchieste o peggio degli arresti. E se Milano si ferma, o smette di essere attrattiva per gli investitori, precipita tutto il Paese. Lascia esterrefatti l’idea di una misura cautelare così severa per il reato di cui sono accusati i due numi dell’architettura: turbativa d’asta nella gara per la progettazione. Ma non è solo questo il punto. Milano è una città che è cresciuta ed ha acquisito un peso economico internazionale proprio sul terreno delle grandi costruzioni immobiliari. Era precipitata in una specie di limbo negli anni post tangentopoli.
Poi il sindaco Gabriele Albertini, con il sostegno di tutto il centrodestra e con una caparbietà senza precedenti, le ha dato la sveglia e sono sorti i grattacieli, le grandi piazze, i collegamenti, le torri che svettano a distanza di chilometri e ci proiettano in una dimensione internazionale. Nulla è stato più lo stesso. E si è diffusa la convinzione che tutto fosse possibile sotto il cielo che fu benedetto da Sant’Ambrogio e da Sant’Agostino. Persino la sinistra che l’ha governata in anni recenti - nonostante i disastri di politiche strampalate e green- ha potuto vivere sugli allori e sui nastri tagliati dalle precedenti amministrazioni. Insomma, un periodo d’oro durato decenni. Fino però alle ultime inchieste sull’urbanistica. Già dieci i fascicoli avviati dalla Procura nell’ultimo anno e l’accusa per il comune meneghino è di aver autorizzato e realizzato nuove costruzioni con le procedure più veloci e gli oneri economici minori previsti per le ristrutturazioni edilizie. In altre parole, con una semplice segnalazione certificata di inizio attività (Scia) invece del Permesso di costruire. Palazzo Marino ha risposto che si tratta di prassi consolidata e legittima e lo stesso Sala ha ribadito a più riprese la correttezza e buona fede dell’amministrazione. Ma lo tsunami è stato inevitabile: decine di progetti affossati. 165 milioni di mancati oneri di urbanizzazione. Al punto che si è resa necessaria la promozione di un provvedimento ad hoc, il famoso Salvamilano, per sbloccare l’impasse milanese, il cui iter però non è ancora concluso e sul cui esito pesano (ironia della sorte) anche i distinguo e le perplessità del Pd. L’inchiesta sulla Beic è solo l’ultimo colpo alla città locomotiva d’Italia. Rischia Milano ma con lei tutto il Paese. E la sinistra, sempre solerte nel dar man forte ai giudici, scopre forse per la prima volta quanto possa essere travolgente e annichilente la macchina giudiziaria se coinvolge i suoi amministratori, la sua città gioiello, financo i suoi architetti blasonati e ammirati in tutto il mondo.