L'intervista
Claudia Eccher smaschera le toghe rosse: "A Brescia mi hanno impedito di parlare"
«Quanto accaduto sabato scorso a Brescia durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario è di una gravita inaudita. Mi spiace che nessuno abbia poi sentito l’esigenza di scusarsi», afferma l’avvocata trentina Claudia Eccher, componente laica del Consiglio superiore della magistratura.
Consigliera, può raccontarci cosa è successo?
«I vertici dell’Anm, l’altra settimana, avevano dato indicazione ai propri iscritti sulle modalità della protesta contro la separazione delle carriere. Avevano deciso che nel momento in cui prendeva la parola il rappresentante del governo dovevano uscire dall’aula, indossando la toga con una coccarda tricolore e tenendo in mano la Costituzione. La protesta doveva essere contro il governo e non contro il Csm che, ricordo, è presieduto dal capo dello Stato ed ha il compito di difendere i magistrati dalle interferenze esterne».
Andiamo avanti.
«Arrivata al palazzo di giustizia, parlando con gli organizzatori, mi era stato confermato che anche a Brescia i magistrati sarebbero usciti dall’aula quando il dottor Gaetano Campo, capo dipartimento del Ministero della giustizia, e peraltro un loro collega, avrebbe preso la parola».
E invece?
«Terminato l’intervento della presidente della Corte d’appello, la dottoressa Giovanni Di Rosa, quando toccava a me i magistrati si sono alzati per uscire. Ma non solo. Un paio di loro si sono girati verso di me dicendo che non mi dovevo “permettere” di dare il mio parere sulla separazione delle carriere».
Scusi, ma come facevano a sapere quale sarebbe stato il suo parere sulla separazione delle carriere?
«Appunto. Se fossero rimasti in Aula avrebbero potuto ascoltare che il mio intervento era incentrato sulla necessità di garantire l’autonomia del pm dal potere politico».
Lei è stata l’unica rappresentante del Csm quest’anno che i magistrati non hanno voluto ascoltare.
«Sì. Ho fatto verificare e mi dicono che nemmeno in passato era mai successa una cosa del genere».
Forse perché lei è stata indicata al Csm dalla Lega e ha difeso Salvini in alcuni processi?
«Sarebbe grave. Anzitutto perché l’avvocato non va identificato col proprio assistito e poi perché in Parlamento per andare al Csm mi hanno votato pure esponenti di opposizione».
Fra Salvini e i magistrati non corre buon sangue. Forse per colpirlo hanno messo lei nel mirino?
«Non voglio pensarlo. Posso solo di re che la situazione sta sfuggendo di mano. Ho percepito un pessimo clima a Brescia. Ci sono frange della magistratura accecate dall’ideologia che hanno perso terzietà e imparzialità. Ed equilibrio. Se si arriva a impedire a un rappresentante del Csm di parlare vuol dire che siam messi molto male».
Lei è nella Commissione per gli incarichi direttivi del Csm. Si sente il peso delle correnti dell’Anm?
«C’è un aspetto che tutti dimenticano o fanno finta: i togati al Csm sono esattamente il doppio dei laici. Se si mettono d’accordo fra loro noi laici possiamo fare molto poco».
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Che idea si è fatta in questi primi due anni al Csm?
«I magistrati sono refrattari al cambiamento. Se qualcuno ha tempo da perdere per leggersi le chat di Luca Palamara scoprirà che gli accordi spartitori per gli incarichi li faceva con i colleghi, non con i laici. A pagare, però, è stato solo lui. Gli altri sono rimasti al proprio posto».
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