Addio umanità
L'aggravante di chiamarsi Alemanno: per i giudici non merita i domiciliari
Sollevano la Costituzione ma dimenticano l’umanità. Dedicato a chi coltiva l’odio politico: la detenzione in carcere di Gianni Alemanno non è qualcosa da salutare festosamente. Perché è davvero triste sapere ristretto a Rebibbia l’ex sindaco di Roma: non ha picchiato nessuno, non si è impossessato di nulla. In galera ce l’ha portato una cretinata, coincisa con la passione politica che non esce mai dalla mente di chi l’ha vissuta per una vita. Non ha rispettato alcune prescrizioni dei giudici legate ad una condanna su un reato che non ha davvero nulla di serio: il traffico di influenze.
Ora, il tribunale di sorveglianza si è ritirato – come si dice in burocratese per decidere sul destino di Alemanno. Batte il cuore saperlo nell’inferno del carcere, a Rebibbia. Ma davvero quel che ha fatto l’ex sindaco di Roma è da punire con il carcere? Non bastano i domiciliari con una pena inferiore ai due anni? Ma pensate che si metta a fuggire chissà dove? Davvero la voglia di politica – anche se non seguita da successi come ci si sarebbe aspettato – merita di essere sanzionata in questo modo?
I magistrati già sbagliarono su lui con il flop di “mafia capitale”. Cominciarono con un avviso di garanzia poi stracciato nei successivi gradi di giudizio: gli inflissero una condanna politica, macchiandone la sua sindacatura a Roma. Gianni è un pezzo di storia della destra italiana. Fare finta di non averlo mai conosciuto non fa onore a nessuno e spiace non vedere appelli ad un trattamento rispettoso di una comunità. Perché c’è chi sente sempre il bisogno di dire “anche se abbiamo fatto percorsi differenti” quasi a giustificarsi di una frequentazione, che non è stata con un criminale. Che ha fatto Alemanno, condannato senza nemmeno la corruzione? “Gli pagate o no quanto dovuto?”, gli hanno imputato di aver chiesto ai dirigenti dell’Ente Eur notizie sui quattrini che non erano un regalo per chi aveva lavorato con la coop di Buzzi e Carminati. A chi organizza il lavoro per gli ex detenuti non si devono pagare fatture?
Non era mafia, ma una sottospecie di reato costato un anno e dieci mesi di pena. Li ha trascorsi ai servizi sociali, con in mezzo il suo movimento politico Indipendenza! Non è la galera la pena, ma il divieto di lottare per le sue idee. E ora lo lasciate in carcere? A volte pare che si abbiano più vantaggi a mettersi sul mercato dello stupro o della violenza contro chiunque: si incontrano anime più pietose anche con la toga. Invece, con lui, non pare esserci clemenza, trattato come un pericoloso latitante.
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Certo, signor giudice, che Alemanno poteva e doveva rispettare quegli obblighi, le prescrizioni che gli avete imposto. E qui il problema non è nemmeno nella spettacolare esecuzione dell’arresto la notte di Capodanno, quando a consegnarsi è venuto lui. Ma nella pervicacia nel tenerlo dentro. La galera è per i delinquenti veri e non per chi ha semplicemente sbagliato senza fare nulla di male alla comunità. Dicono che agli atti del provvedimento c’è anche una foto sui social in cui andava in Liguria a combattere la battaglia politica con militanti del suo movimento politico. Eppure, è un’immagine bella, gioiosa e senza passamontagna. Rimproveratelo pure, ma da un mese sta a Rebibbia. E per quei comizi in giro per l’Italia deve stare quasi due anni in carcere? Eccola, l’umanità che svanisce lasciando il posto a cuori di pietra. Non sono sicuro che questa si chiami giustizia. Gli errori capitano. Chiamarsi Alemanno non può però essere un’aggravante da non meritare nemmeno i domiciliari.