Giustizia

Giustizia, quanto è urgente la separazione delle carriere

Bruno Ferraro*

Sono occorsi 64 mesi, 24 udienze, 3 anni di processo, 45 testimoni ed una ventina di parti civili costituite prima che una sentenza del Tribunale di Palermo mandasse assolto con la migliore formula possibile Matteo Salvini dai reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Al centro del dibattito processuale il ritardo di 19 giorni col quale avvenne lo sbarco di 147 migranti raccolti dalla ong spagnola Open Arms nel 2019. Il tutto con Salvini ministro degli Interni nel governo Conte. A poco importò all’accusa la circostanza che la nave disponeva di più logiche soluzioni quali lo sbarco a Malta o in Spagna. Non fu, secondo la Procura, un problema di tutela della salute, affatto compromessa, ma di tutela della libertà dei migranti cui sarebbe stato inibito il diritto di scendere dalla nave. Tre giudici non noti (Roberto Murgia, Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa) hanno avuto il “coraggio” di mandare all’aria il disegno accusatorio dichiarando (20 dicembre 2024) l’insussistenza di qualsiasi ipotesi di reato.

Confesso che all’annuncio ho gioito. Era un processo nato male con un rinvio a giudizio decretato da un organo politico; proseguito peggio con l’accusa a Salvini di essersi comportato come un criminale; condizionato dai clamori della politica e di autorevoli opinionisti; per fortuna finito con l’affermazione che il ministro aveva il diritto-dovere di impedire lo sbarco illegale e di effettuare tutte le verifiche per il comportamento provocatorio della ong. Non mi soffermo sulle reazioni del mondo politico. Mi soffermo sul quesito di fondo: possono i giudici sindacare e mettere sotto processo la politica del Governo che implica la tutela della sovranità dello Stato ed il ruolo dei suoi legittimi governanti?

Non ci vuole molto a dare una risposta negativa e le ragioni sono varie. In primis la separazione dei poteri che data da più di 200 anni e che è scritta nella nostra Costituzione per impedire ogni rischio di sconfinamento di uno dei tre poteri nel campo di un altro (per questo esiste il Capo dello Stato che se ne fa garante). In secondo luogo il ruolo dei giudici che hanno l’obbligo di far rispettare le leggi ma sono essi stessi obbligati al rispetto di esse, con la conseguenza che se e quando ne ravvisano una difformità non possono dichiararne l’illegittimità ma devono promuovere un intervento della Corte Costituzionale. In terzo luogo il ruolo ed il rango della pubblica accusa che come parte del processo ha l’obbligo di non varcare i limiti stabiliti per i giudici e/o ergersi a giudici superiori svincolati dal dovere di rispetto delle norme varate dal Parlamento. L’insieme di queste argomentazioni comporta un giudizio di illegittimità del processo promosso contro Salvini; basato sul nulla, instaurato in maniera malaccorta e proseguito al di fuori di quanto consentito dal sistema giuridico-costituzionale. Si riconferma la necessità di procedere alla separazione delle carriere, riportando il pm al ruolo che gli compete, con tutte le garanzie di autonomia ma non più irresponsabile se e quando opera al di fuori od al di sopra delle norme vigenti.

*Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione