Proprio lui
Magistratura, Antonio Di Pietro si schiera col governo: "Carriere separate? Scelta sacrosanta"
Non è vero che la riforma che introduce la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante mette in discussione l’indipendenza della magistratura. «Fino a prova contraria» la riforma «non modifica in alcun modo l’articolo 104 della Costituzione». È sbagliato «demonizzare» la riforma, è una «forzatura» e proclamare uno sciopero, da parte dell’Anm, è «inappropriato» perché pone «potere contro dello Stato» contro un altro. A dirlo non è un avvocato e nemmeno un esponente del centrodestra, bensì- sorpresauno dei pm più celebri della storia italiana: il simbolo di Mani Pulite, Antonio Di Pietro. Ormai lontano dalle Aule della giustizia e anche dal Parlamento, però Di Pietro non ha smesso di seguire le vicende della politica e soprattutto dei suoi ex colleghi.
Perciò ha dichiarato all’Ansa la sua opinione: «Fino a prova contraria», ha detto, «la separazione delle carriere dei magistrati - per come prospettata finora dal Parlamento - non modifica in alcun modo l’articolo 104 della Costituzione, a norma del quale la magistratura - sia quella giudicante che inquirente sono e restano un ordine indipendente da qualsiasi altro Potere dello Stato, e, quindi, demonizzare la riforma a priori (solo perché lo aveva detto anche Berlusconi) mi pare una forzatura ideologica non corrispondente alla realtà dei fatti». Non solo. «Con riferimento alla prospettata separazione delle carriere», ha aggiunto, «rispetto chi la pensa diversamente da me, ma io ritengo che così come in una partita di calcio l’arbitro e il giocatore non possano far parte della stessa squadra - anche nel nostro sistema processuale penale specie dopo la riforma del processo da inquisitorio ad accusatorio- i giudici ed i Pubblici ministeri non dovrebbero percorrere la medesima carriera».
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Riflessioni lontane anni luce, insomma, dagli allarmi risuonati, in questi giorni, in una parte della magistratura e che hanno portato l’Anm a decidere uno sciopero e vari atti dimostrativi. Di Pietro ha criticato anche la decisione di proclamare una mobilitazione contro il governo: «Anche i magistrati», ha proseguito, «come tutti i cittadini hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni e lo sciopero è certamente un atto lecito, ma io trovo inappropriato che un potere dello Stato (tale è di fatto l’ordine giudiziario) scioperi contro un altro potere dello Stato. Ritengo più corretto che i poteri dello Stato si confrontino (e si scontrino se necessario) fra loro nelle sedi istituzionali loro proprie».
Ma Di Pietro non è l’unica voce che, in ambienti non certo contigui al governo e nemmeno all’avvocatura, difende la riforma presentata dal governo. A farlo, ieri, è stato anche Enrico Morando, esponente del Pd, ex parlamentare, ex viceministro e presidente di Libertà Eguale, l’associazione che riunisce i riformisti, all’assemblea che si è conclusa ieri a Orvieto. Ha ricordato che «anni fa proprio da Orvieto a un incontro con Macaluso e Pisapia segnalammo che l'articolo 111 della Costituzione della Costituzione sul giusto processo deve essere completato con la separazione delle carriere, dopo di che», ha aggiunto, «il sorteggio è una assurdità ma non si fa battaglia che mette a rischio la separazione delle carriere in nome di una opposizione al sorteggio».
Cosa che, invece, hanno fatto Pd, Avs, M5S e anche Italia Viva, i primi non votando e Italia Viva astenendosi. Non solo. Libertà Eguale, il prossimo mese, presenterà una sua proposta per il premiato, anche qui prendendo le distanze dal no secco del Pd alla riforma del governo. «Rischiamo di essere tutti contenti che il premierato sia stato posticipato», ha detto Morando, «ma non possiamo essere contenti che non si facciano le riforme. È sbagliato. Il prossimo mese faremo un’iniziativa per dire che la riforma va fatta si deve fare ma non nella linea indicata da Meloni».