Magistati & politica

Marco Patarnello, la toga della lettera contro Meloni: "Non mi pento e mi candido all'Anm"

Non si pente della lettera contro Giorgia Meloni, e anzi rilancia e si candida (all'Associazione nazionale magistrati). Marco Patarnello, sostituto procuratore generale della Cassazione, qualche settimana fa era finito nella bufera per una e-mail infuocata contro la riforma della giustizia. Un documento "interno" in cui definiva la premier e il suo piano politico "più pericoloso e insidioso" di quanto accaduto ai tempi di Silvio Berlusconi, il "nemico" per antonomasia delle cosiddette toghe rosse.

Patarnello ne faceva una questione di "convinzioni politiche" della leader di Fratelli d'Italia, libera da qualsiasi conflitto d'interessi, ma il suo più che un appunto tecnico rivolto ai colleghi magistrati suonava molto come l'ennesima chiamata alle armi dela magistratura contro il potere politico.

"Non vedo ragioni di pentimento. Si trattava di uno scritto destinato ai colleghi dell'Anm, ed era un invito a essere uniti e mettere al centro gli interessi della giustizia e della giurisdizione", rivendica oggi il sostituto procuratore in una intervista al Corriere della Sera

"La maggioranza di governo è riuscita a raccogliere un consenso significativo intorno ad alcune proposte di trasformazione della giustizia, che io considero pericolose per l'assetto costituzionale dei poteri e per le garanzie dei cittadini. Magari la mia è una valutazione sbagliata - spiega - ma l'unico modo per stabilirlo è confrontarsi lealmente sugli argomenti". 

Per Patarnello "a fronte di ipotesi di riforme, chi ricopre cariche politiche ha anche il dovere di ascoltare le riflessioni e le critiche proposte dal dibattito culturale e istituzionale, se espresse con correttezza e lealtà. Le voci della magistratura associata e dei magistrati ne sono parte, come quelle dell'avvocatura, e sarebbe un grosso errore se la politica le ignorasse, privandosi del contributo di chi amministra la giustizia. Dopodiché la politica fa le sue scelte e le leggi si applicano, ma finché quelle scelte non sono legge il dibattito è aperto". 

Quanto alla decisione di candidarsi alle elezioni per il comitato direttivo dell'Anm, spiega: "Ho accettato di candidarmi per Magistratura democratica (la corrente più vicina al Pd, ndr) perché quando sono in gioco questioni di principio, per un giudice è un dovere offrire il proprio contributo alla riflessione, come hanno più volte detto le istituzioni europee. Mi piacerebbe un'Anm unita e concentrata a difendere la giurisdizione e una magistratura autonoma e indipendente, come è stata disegnata dalla Costituzione in un delicato bilanciamento di rapporti e poteri, del quale fa parte anche un pubblico ministero non separato dal giudice se non per funzioni".

"Fra dieci giorni ci sarà la terza assemblea nazionale dei magistrati in due anni, sollecitata ancora una volta dal basso - conclude il suo ragionamento -. Ho visto che circola già la bozza di un bel documento dal titolo 'Facciamo presto', predisposto da un gruppo di colleghi a prescindere da schieramenti di corrente, che mi pare esprima bene il desiderio di fare capire ai cittadini perché separare le carriere sarebbe un grave errore. Ecco, mi candido perché vorrei che l'Anm facesse sentire la propria voce".