Il caso

Ana Zahirovic, "lady scippo" già liberata: ha rubato 148 volte, ma era incinta...

Claudia Osmetti

L’avevano anticipato anche gli avvocati. E da qualche ora, Ana Zahirovic, in arte “lady scippo”, la donna rom di origine croata arrestata appena un paio di giorni fa, manco una settimana, era giusto mercoledì 7 agosto, con qualcosa come trent’anni di carcere da scontare per 148 furti, una pena sempre evitata grazie al “sistema Adelina”, dal film con Sophia Loren del 1963, quello contenuto in Ieri, oggi, domani, ecco, adesso, la “regina delle borseggiatrici” però dei tempi moderni, è già libera. Tra l’altro in virtù del solito, rodato, meccanismo che negli ultimi quindici anni l’ha tenuta lontana dalla gattabuia. Perché, cioè, a maggio ha messo al mondo la sua pargola numero dieci, che quindi al momento ha pochi mesi di vita epperò parecchio bisogno delle sue cure. «Ana è stata messa dietro alle sbarre con una bambina di tre mesi», confermava, il giorno dopo l’arresto, e mica a caso, uno degli avvocati che l’ha seguita in passato, «la sta ancora allattando. Ci sono tutti i presupposti per chiedere il differimento della pena». Nel senso che (uno) lo prevede la legge, cioè l’articolo 146 del codice penale sul rinvio obbligatorio dell’esecuzione penale per le donne incinta o le madri con figli sotto l’anno d’età a cui badare.

E (due) il decreto Sicurezza, che invece sul tema ha cercato di metterci una pezza, inasprendo proprio questa misura, anche se tra mille polemiche, ossia concedendo alle autorità la facoltà di procedere lo stesso con la carcerazione in specifici casi identici a quello di “lady scippo”, ancora, ufficialmente, non è entrato in vigore. Dura lex sed lex, insomma. Col risultato che Zahirovic, domiciliata nel campo nomadi di Castel Romano, è stata rilasciata e ha potuto andarsene dal penitenziario romano di Rebibbia nel quale è stata rinchiusa per pochissimi dì, in modo che il circolo, ancora una volta, ha potuto compiere il suo giro.

 

 

 

Capelli castani, occhi scuri: 31 anni e un debito con la giustizia che è praticamente identico al suo dato anagrafico, reati commessi (almeno quelli per i quali è stata pizzicata) dal 2004 a oggi, a Roma, a Milano e a Brescia, una “fama” che va di pari passo con quello stratagemma che fino a ora le ha garantito una sorta di fattuale incolumità. L’avevano arrestata, Zahirovic, in passato, a Milano, era il settembre del 2019, ma stava portando a termine una gravidanza. Allora, già prima del Covid, il suo conto coi tribunali ammontava a condanne per 22 anni e otto mesi.

Inutile aggiungere che, col passare dei mesi, è aumentato senza mai scendere di un giorno (il primo scippo, tra parentesi, l’ha commesso quando aveva appena undici anni, nel 2004). Se il decreto Sicurezza fosse già operativo il differimento automatico dell’esecuzione penale in carcere dell’articolo 146 diventerebbe facoltativo: ma è una questione di tempi e i tempi, nella giustizia, non si possono forzare. Il caso della 31enne rom ha alimentato, peraltro per più giorni di quanto è durato il suo arresto, un’accesa polemica politica tra la Lega (per la quale il suo segretario e ministro dei Trasporti Matteo Salvini si è difeso dicendo che: «La sinistra ci attacca perchè vogliamo tenere in carcere queste delinquenti “sempre incinte”, ma noi tiriamo dritto») e il partito democratico (che, per esempio con la deputata Laura Boldrini, ha accusato il Carroccio di voler «mettere in galere le donne incinte o con figli fino a un anno che commettono un reato, fornendo motivazioni a sfondo razziale facendo riferimento alle donne rom»). Tant’è, nel frattempo Zahirovic ha fatto ritorno nel campo nomadi nel quale vive assieme ai suoi dieci figli (che, a conti fatti, significa ne ha avuto circa uno all’anno, visto che è ancora giovane), dopo appunto che il magistrato di sorveglianza ha emesso un decreto di rinvio obbligatorio della sua pena.