Giustizia è sfatta

Cassazione, stress da Covid un'attenuante? La scelta dei giudici è contro il buonsenso

Corrado Ocone

«Tutta colpa della società», così si diceva un tempo per giustificare comportamenti illeciti e reati anche gravi compiuti da persone considerate svantaggiate. «Tutta colpa del Covid, che lo ha stressato», dicono oggi i giudici della Cassazione, il supremo presidio della legalità nel nostro Paese. È questo il sorprendente motivo con cui la suprema Corte ha deciso infatti di annullare la condanna all’ergastolo dell’infermiere calabrese Antonio De Pace che, in piena pandemia, il 31 marzo 2020, aveva strangolato la fidanzata in una villetta di Furci Siculo. La vittima, Lorena Quaranta, era una giovane studentessa di Medicina dell’Università di Messina, originaria della provincia di Agrigento. L’assassino aveva tentato di giusti« ficarsi dicendo che si era convinto di essere stato infettato dalla fidanzata, circostanza risultata fra l’altro non vera.

I supremi giudici così scrivono nella loro sentenza: «Deve stimarsi che i giudici di merito non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, ed in quale misura, ascriversi all’imputato di non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda e, parallelamente, se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale». Insomma, i membri della Cassa zione sembrano dire ai colleghi giudicanti di stare attenti alle date perché i reati, anche quelli gravi come un omicidio, sono un po’ meno reati, e quindi devono godere di tutte le attenuanti generiche, se compiuti in periodi critici o emergenziali. Una motivazione che cozza contro quel buon senso che dovrebbe essere la base di ogni vivere civile, e quindi anche del diritto.

 

UN “BONUS PENALE"
Le domande che sorgono sono infatti tante. Se è vero che la nostra epoca si contraddistingue per il susseguirsi di emergenze, poco importa se reali o percepite, perché escludere altre emergenze da questa sorta di “bonus” penale? A buon diritto, qualcuno potrebbe dire che anche la guerra in Ucraina o quella in Medio Oriente perturba l’animo di molti e potrebbe portare i più angosciati a commettere delitti. C’è poi da considerare che quella del Covid fu un’emergenza, come oggi è sempre più chiaro, molto ingigantita da una comunicazione istituzionale allarmistica.

Il paradosso è che uno stesso soggetto, lo Stato, crea ansia e poi assolve gli ansiosi che perdono il senno. Un vero cortocircuito mentale. Bisogna poi chiedersi fino a che punto si possa avere comprensione, diciamo così, per tutti quei reati compiuti da individui con seri disturbi mentali o della personalità, i quali sono oggi tutelati molto più delle loro eventuali vittime.

 

Una sentenza a sezioni unite del 2005 ha infatti conferito dignità ai disturbi della personalità, ostacolando in qualche modo quelle attività di prevenzione e tutela che toccherebbero alle forze dell’ordine e a quelle sanitarie. Le reazioni alla sentenza della Costituzione sono state unanimi da parte di tutte le forze politiche: a destra come a sinistra, si è parlato di “sgomento”, “sconcerto”, “inquietudine”. Non sono mancate a sinistra le voci di chi ha visto nella sentenza dei giudici della Cassazione il retaggio di una cultura patriarcale che porta a considerare il femminicidio un danno collaterale di qualcos’altro.

Il che, francamente, mi sembra una strumentalizzazione per fini politici di quello che va considerato prima di tutto un efferato omicidio, e che come tale va severamente punito. Le radici culturali della sentenza sono piuttosto ravvisabili, in ultima istanza, dall’abbandono in giurisprudenza della via maestra che dovrebbe essere seguita in uno Stato di diritto: la responsabilità penale è individuale. Dopo anni di ubriacature ideologiche, recuperare questo fondamento ultimo della civiltà liberale è un dovere.