Il governatore ai domiciliari
Giovanni Toti, ecco gli strani errori dei pm a suo sfavore
Se riguardo all’inchiesta su Giovanni Toti qualcuno non è partito come innocentista, probabilmente lo sarà diventato nelle ultime ventiquattr’ore. In un solo giorno si sono infatti verificati due episodi piuttosto incresciosi che danno la sensazione che la partita giudiziaria si stia giocando con un mazzo truccato e che i piatti della bilancia della giustizia non partano in equilibrio.
Il governatore della Liguria è agli arresti domiciliari perché accusato di essere stato corrotto da Aldo Spinelli ma al momento le prove contro di lui sono deboli. Ci sono quattro bonifici per un totale di 74mila euro alla fondazione di Toti, regolarmente denunciati, a titolo di finanziamento elettorale, e ci sono un paio di telefonate nelle quali il presidente chiedeva sostegno all’imprenditore. Poi ci sono le svariate richieste di Spinelli al governatore, alle quali questo rispondeva invariabilmente «tutto sotto controllo»; perfino quando si trovava imbottigliato nel traffico in autostrada, il signore del porto si attaccava al telefono e il politico cercava di tranquillizzalo con il solito «già risolto».
I FATTI - Ma veniamo ai fatti. Alle 11.43 di ieri, le agenzie di stampa, riprendendo un articolo del Secolo XIX, battevano la notizia che Giorgio Carozzi, giornalista e componente del Comitato di Gestione del Porto per il Comune di Genova, ascoltato venerdì per cinque ore dalla Procura di Genova, avrebbe confessato ai magistrati di aver cambiato idea sulla proroga trentennale della concessione del Terminal Rinfuse a Spinelli, in merito alla quale aveva votato prima contro e poi a favore, per le pressioni di Toti e altri. La deposizione sarebbe stata di estrema importanza, essendo il governatore accusato di aver preso dei soldi per favorire la suddetta proroga, benché la decisione non fosse assolutamente nelle competenze della Regione. Ebbene, solo poco più di tre ore dopo, alle 15.14, lo stesso Carozzi smentiva tale versione all’Ansa, dichiarando di «aver votato secondo coscienza e senza subire pressioni» e bollando come «approssimative» le ricostruzioni (del suo ex giornale) che riportavano il contrario.
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Precisazione inquietante. I cronisti possono sbagliare - e finanche inventare - ma non possono prendere parte agli interrogatori dei testimoni ed è piuttosto strano che un giudiziarista scriva qualcosa di diverso rispetto a quello che le sue fonti (siano essi i magistrati o gli avvocati) gli rivelano. Quindi è plausibile che qualcuno abbia dato loro un’informazione sbagliata; e sarebbe ancora più strano che questo qualcuno fosse il legale di Carozzi, che poi si è sentito in dovere di parlare per ripristinare la verità.
Altra svista allarmante della procura riguarda l’interrogatorio reso lunedì da Roberto Spinelli, figlio di Aldo e come lui indagato per corruzione. Nella trascrizione della deposizione figurava testuale: «Toti chiedeva finanziamenti illeciti a mio padre». Un’affermazione in grado di schiantare il governatore, sulla quale il pm che assisteva, Luca Monteverde, non ha chiesto ulteriori approfondimenti benché la frase fosse una risposta alla sua specifica domanda «se il governatore facesse sceneggiate per avere denaro». Curioso, perché avrebbe dovuto invece avventarcisi sopra, essendo essa la conferma della sua tesi accusatoria, o comunque farla mettere a verbale dal cancelliere, giacché è il verbale dell’interrogatorio che costituisce prova, e non già la sua trascrizione, e sul verbale c’è scritto solo «finanziamenti», senza specificare altro. Il perché non lo ha fatto è spiegato dall’avvocato degli Spinelli, Andrea Vernazza, il quale, avvisato da un giornalista del fatto che Roberto avrebbe parlato di finanziamenti illeciti al presidente della Regione, è trasalito e ha preso carta e penna per scrivere di suo pugno una lettera ai magistrati, precisando che il suo assistito «nega di aver usato la parola “illeciti”, avendo invece detto LECITI».
CARATTERI CUBITALI - Questo intervento tempestivo ha evitato che ieri i giornali titolassero a caratteri cubitali su una confessione degli Spinelli che incastrava Toti e in realtà non c’è mai stata, e si limitassero a riportare «il caso del giallo della parola detta».
Anche stavolta occorre notare che qualcuno, dal tribunale o dalla procura, aveva dato un’informazione falsa ai giornalisti.
Quanto al giallo, dovuto a un errore del computer che trascrive gli interrogatori o a cattiva interpretazione fonetica, si risolverà la prossima settimana, quando Francesco Vaccaro, l’altro avvocato degli Spinelli, potrà ascoltare i nastri della testimonianza del suo assistito.
Quel che è certo è che, se fosse uscita la versione smentita da Roberto Spinelli, il danno mediatico a Toti sarebbe stato tremendo; perciò sconcerta la leggerezza con cui la Procura archivia l’incidente affermando che riascolterà le registrazioni.
Tutte queste fughe di nonnotizie che arrivano dalla Procura, insieme a conversazioni intercettate irrilevanti per l’inchiesta ma succulente per il gossip, alterano la percezione della realtà che l’opinione pubblica si sta formando in merito all’inchiesta. Così si pensa, ad esempio, che Toti abbia favorito la proroga della concessione del Terminal Rinfuse a Spinelli, quando il presidente non ne aveva l’autorità e il provvedimento era stato già deliberato ai tempi delle telefonate incriminate, necessitando solo un’accelerazione burocratica.
Come si pensa che il governatore si sia operato per trasformare parte della spiaggia dei Bergamaschi, a Celle Ligure, da libera in privata per favorire una speculazione immobiliare degli Spinelli. Ma non risulta che Toti si sia mai attivato, la spiaggia non ha cambiato destinazione e la competenza è del demanio; peraltro, tutti i 42 appartamenti in riva al mare venduti dall’imprenditore non hanno diritto d’accesso a nessuna spiaggia privata.
Chissà quante inesattezze ancora saranno date in pasto all’opinione pubblica in merito a questa inchiesta. E chissà soprattutto da chi e come mai gli errori in procura si fanno sempre a danno degli indagati e mai a loro vantaggio... Gialli nel giallo.