Casta
Consulta, magistrato condannato al carcere? No alla rimozione automatica
La Corte Costituzionale ha definito illegittima la rimozione automatica dall'albo dei magistrati in caso di condanna a una pena detentiva non sospesa. Una rivoluzione rispetto al passato. A sollevare la questione erano state le Sezioni unite della Corte di cassazione.
Nel caso in esame, un magistrato era stato condannato alla pena non sospesa della reclusione di due anni e quattro mesi per avere apposto - con il consenso della presidente del collegio di cui era componente - la firma apocrifa della presidente stessa in tre provvedimenti. Il Consiglio superiore della magistratura aveva fatto scattare la sanzione di rimozione per il magistrato, che era quindi ricorso in Cassazione. Dato l'automatismo insito nella norma precedente, non era stato possibile considerare ".
La Corte ha quindi deliberato che "non può in assoluto escludersi che un fatto di reato per il quale il giudice penale abbia inflitto una pena detentiva non sospesa possa essere ritenuto, sia pure in casi verosimilmente rari, meritevole di sanzioni disciplinari meno drastiche della rimozione. E ciò (…) anche in considerazione del fatto che la mancata concessione della sospensione condizionale non deriva necessariamente da una prognosi circa la possibile commissione di nuovi reati da parte del condannato (…); ma può semplicemente discendere - come nel caso oggetto del giudizio a quo - dal superamento del limite di due anni di reclusione, entro il quale il beneficio può essere concesso. Ipotesi, quest’ultima, nella quale il condannato per cui non sussista pericolo di reiterazione del reato può, in molti casi, essere ammesso a espiare la propria pena in regime di affidamento in prova al servizio sociale". Ciò però non preclude la possibilità del Csm di applicare, in casi particolarmente gravi, la sanzione di espulsione di un magistrato.