Legali, anzi no
Trascrizioni, infinito caos per uno spot dei sindaci arcobaleno
Il quadro sui figli di coppie omogenitoriali al momento è questo: la trascrizione automatica degli atti di nascita ottenuti all’estero è illegale secondo il tribunale di Padova. Legale per quello di Palermo. Illegale per la Cassazione. Legale per il tribunale di Milano. Illegale secondo la corte d’Appello della stessa città.
Illegale secondo la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. Legale secondo la commissione europea. Illegale per il governo italiano, che ha emanato precise circolari in merito. E ancora legale secondo i sindaci di centrosinistra di tante città italiane, convinti di regnare su città-stato. Sono i Comuni che hanno generato questo far west. E i giudici non sono stati certo a guardare.
In tutto questo caos, infatti, ieri è arrivato l’ennesimo ribaltone. Il tribunale di Roma (per ragioni ancora da chiarire) ha rigettato il ricorso avanzato dalla procura della capitale, che metteva in dubbio la correttezza della prima trascrizione integrale, effettuata dal sindaco Gualtieri, relativa ad un certificato di nascita di un bambino nato in Francia. Un bambino con due mamme. Così esultano le associazioni Lgbt. Fatto curioso: questa sentenza arriva a distanza di una manciata di giorni da un’altra del tribunale di Milano, che si è espresso in senso diametralmente opposto.
Come dicevamo, è a causa di alcuni sindaci se siamo sprofondati in questa situazione ai confini della realtà. La questione delle trascrizioni, infatti, nasce più per una questione di principio che per un’esigenza pratica. La legge italiana permette che donne e uomini possano diventare genitori un figlio non-naturale: basta adottarlo. Richiede del tempo e un po’ di burocrazia, ma non ci sono ostacoli insormontabili. Eppure qualche Comune ha puntato sulla trascrizione automatica. Pratica che, piaccia o meno, chiaramente rappresenta una forzatura rispetto alla legge italiana.
È stato il sindaco Chiara Appendino nel 2018, basandosi, su un’interpretazione “creativa” della legge 40 sulla fecondazione assistita, a iniziare a trascrivere gli atti di nascita di bambini figli di coppie omogenitorialivalidati all’estero. Altri sindaci “progressisti”, come il milanese Giuseppe Sala, hanno immediatamente seguito l'esempio. Ma hanno fatto male i conti. Non avevano pensato alle possibili conseguenze né si erano preoccupati del problema della maternità surrogata, che resta un reato.
Tutto è caduto nel 2022, quando la Cassazione ha sancito che la trascrizione anagrafica automatica di una persona priva di un rapporto biologico con il bambino non è affatto nell’interesse del minore. Questo perché di fatto legittimerebbe (e incentiverebbe) il reato di utero in affitto (diventerebbe semplicissimo andare all’estero e tornare con un certificato qualsiasi). L’adozione richiede maggiori controlli. In altre parole, come scrive la corte, la trascrizione non servirebbe a garantire i diritti dei bambini (già garantiti attraverso la registrazione del genitore biologico) ma «quello degli adulti che aspirano ad avere un figlio a tutti i costi». Sulla base di questa decisione il governo ha emanato una circolare. E poco dopo a Padova è scoppiato il caso.
La procura ha annullato le trascrizioni del Comune veneto, specificando di non poter fare altro visto la legislazione vigente (curiosamente disattesa da tante sentenze in seguito). La conseguenza è che alcuni bambini si sono trovati all’improvviso a “perdere” uno dei due genitori. Ed è stato il caos. Le associazioni Lgbt hanno scatenato una tempesta giudiziaria. È partita una campagna stampa martellante sui bimbi “lasciati senza madre”. Una campagna che ha superato i confini nazionali, coinvolgendo addirittura il premier canadese Justin Trudeau e Joe Biden (alla Meloni è toccato spiegare che il governo non ha cambiato alcuna legge, ma si attiene a quella preesistente). Il tutto mentre in Italia la giungla di sentenze in totale contraddizione si infittiva. Resta una nota: tutto ciò si sarebbe tranquillamente potuto evitare se i sindaci avessero evitato la loro campagna di principio. Uno spot arcobaleno senza la minima utilità.