Toghe
Ferruccio Sansa, le distrazioni del tribunale sulla moglie indagata
Nell’indagine per circonvenzione d’incapace ai danni dell’anziana Mariangela Toncini e che ha travolto l’avvocata Maria Valeria Valerio, moglie dell’ex giornalista del Fatto Quotidiano e ora consigliere regionale in Liguria Ferruccio Sansa - quest’ultimo giù candidato alla presidenza della Regione per il centrosinistra, e oggi di fatto capo dell’opposizione al presidente Giovanni Toti - c’è un convitato di pietra: il tribunale di Genova. Per la precisione, la locale “Sezione famiglia e volontaria giurisdizione”. Per capire il ruolo che in questa triste vicenda hanno avuto i magistrati, è comunque necessario fare un breve riassunto della vicenda. Secondo la Procura, che ne aveva anche chiesto l’arresto, la Valerio e padre Achille Boccia, un ex missionario, avrebbero carpito la fiducia di Mariangela Toncini, una milionaria morta all’età di 95 anni lo scorso mese di gennaio. L’anziana donna, che aveva preso anche i voti divenendo suora laica, si era trasferita in Liguria più di una decina di anni fa. Dopo aver lavorato al Banco Ambrosiano a Milano, Toncini aveva nel tempo accumulato un ingente patrimonio.
OPERAZIONI OPACHE
Per motivi non noti, nel 2020 circa le era stato assegnato dal tribunale di Genova un amministratore di sostegno, incarico svolto inizialmente da Annamaria Biundo e poi da Chiara Mendinelli. Contro la sua volontà, l’anziana donna era stata quindi trasferita in una Rsa, da cui però era uscita per andare a vivere in una parrocchia del capoluogo ligure, dove aveva conosciuto per l’appunto Boccia e Valerio. Tramite loro due, Toncini aveva allora deciso di presentare, nell’ottobre del 2022, una denuncia circa le modalità, quanto mai opache, con cui venivano gestiti i propri beni.
Boccia e Valerio, nel frattempo, erano diventati beneficiari di alcune polizze vita sottoscritte dall’anziana donna per il valore di un milione di euro, soldi che in parte erano serviti per l’acquisto di una casa intestata a uno dei figli della coppia Sansa-Valerio. Passa un mese e Mendinelli - che come detto aveva svolto il ruolo di amministratore di sostegno dell’anziana - presenta a sua volta denuncia contro Valerio e padre Boccia: fra le varie cose, avrebbero impedito di svolgere una perizia sullo stato di salute della donna.
L’attività difensiva di Valerio, poi, sarebbe stata svolta senza il coinvolgimento dell’amministratore di sostegno, che aveva così annullato la parcella di oltre 20mila euro. Le due denunce, che avevano seguito strade parallele, all’inizio del mese sono state inserite in un unico fascicolo dal procuratore Nicola Piacente. Riassunta la vicenda, ecco dunque entrare in campo la “Sezione famiglia e volontaria giurisdizione” del tribunale di Genova, presieduta da Domenico Pellegrini. È possibile infatti, stando a quanto denunciato dalla stessa Maria Valeria Valerio, che per anni siano stati avallati bonifici dai conti dell’anziana donna per decine e decine di migliaia di euro senza alcuna indicazione? Come si possono giustificare operazioni del genere in assenza degli opportuni riscontri? Addirittura, sembrerebbe che nel fascicolo Toncini non ci sia traccia di queste operazioni, e ciò renderebbe tutto ancora più opaco e misterioso.
Questioni che, si spera, possano trovare quanto prima spiegazioni, e che fanno tornare alla memoria quanto accaduto, esattamente un anno fa, sempre in quella sezione del tribunale. Nel mirino era finito l’allora giudice tutelare Paolo Viarengo, ora promosso in Corte d’appello. Nei confronti del magistrato era stato aperto un procedimento disciplinare al Csm perché per anni non aveva preteso dall’avvocato Roberto Mina il deposito dei rendiconti sulle sue attività di amministratore di sostegno in tre casi da lui seguiti, e che avevano determinato la sottrazione di circa 500 mila euro a minori con fragilità. Il Csm, al termine dell’istruttoria, aveva assolto Viarengo perché, anche se era risultato «pacifico che aveva omesso di controllare l’operato di Mina (poi condannato in sede penale, ndr), con conseguente danno patrimoniale per gli amministrati», e dunque con una «grave violazione» accertata, nei fatti non era nelle condizioni di poter verificare l’operato degli amministratori avendo un carico di lavoro «sproporzionato rispetto a quello gestibile da un singolo giudice tutelare».
UFFICIO DELICATO
«La colpa è del sistema non del singolo magistrato che è l’ultima ruota del carro», dissero in tutta risposta al Csm. L’unica voce contraria fu quella del laico della Lega Stefano Cavanna, secondo cui Viarengo aveva l’obbligo di avvertire i suoi superiori «per vie formali» e non «oralmente» della situazione insostenibile dell’ufficio e dell’incapacità di poter garantire lo svolgimento del proprio lavoro in un ufficio molto delicato occupandosi di persone fragili. «La sfortuna è che io sia genovese e che sappia di cosa stiamo parlando. Quella sezione famiglia era impenetrabile a ogni richiesta. Nessuno ha controllato finché non è scoppiato il caso. È inaccettabile», disse Cavanna. La vicenda Valerio sarà un bis?
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