l'angolo della giustizia

Nordio? Con le nuove regole se l'imputato fugge non resta impunito

* Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione

In un editoriale l’allora ex magistrato Carlo Nordio giudicò “troppo ridotto” ed invocò «una riforma più radicale per attuare davvero i principi del giusto processo e della sua ragionevole durata»: il tutto con riferimento al programma portato avanti dal ministro della Giustizia Marta Cartabia per l’efficienza del processo penale e per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti di Appello. Si era nel luglio 2021 e tra le esigenze da valutare per ottemperare alle indicazioni UE figurava la bocciatura del cosiddetto processo contumaciale. Secondo l’Europa era ed è impensabile che un processo si svolga senza la materiale attiva partecipazione del soggetto presunto colpevole. Tutti a battere le mani, in dottrina e nel mondo politico italiano. È sopravvenuta la vicenda del processo Regeni, che non parte per la mancata collaborazione dell’Egitto nella identificazione dei soggetti (ufficiali militari) presuntivamente colpevoli dell’orrendo delitto, per far cambiare molte opinioni: il tutto in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sulla legittimità della normativa che favorisce i cosiddetti “uccelli di bosco”. È interessante ricordare gli obiettivi perseguiti dal governo Draghi.

 

 

Anzitutto la possibilità di un deposito degli atti e di notificazioni effettuati per via telematica per rendere più spedito il corso della giustizia penale. In secondo luogo la possibilità della registrazione per documentare l’interrogatorio, l’assunzione di informazioni e la testimonianza, nonché la partecipazione all’atto del procedimento o all’udienza con un collegamento a distanza o da remoto. Quanto all’assenza dell’imputato si stabilì la possibilità di procedere in assenza solo se la mancata partecipazione al processo è volontaria. Fu previsto perciò che in assenza di tale certezza il giudice è obbligato a pronunziare sentenza inappellabile di non doversi procedere disponendo nuove ricerche. Se il soggetto è rintracciato si revoca la sentenza e si fissa una nuova udienza per la prosecuzione del processo.

 

 

Il tempo trascorso per le ricerche non rileva ai fini della prescrizione del reato: nel caso Regeni la disposizione è ininfluente poiché il delitto di omicidio è imprescrittibile. Un’altra proposta riguardava le impugnazioni: il difensore dell’imputato assente poteva impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato rilasciato dopo la pronunzia della medesima. In tal modo era assicurata la certezza della conoscenza della sentenza da parte dell’imputato e si evitavano inutili revisioni di sentenze passate in giudicato. Vi erano altresì disposizioni immediatamente prescrittive per l’identificazione dell’indagato e dell’imputato: utilizzo di un codice identificativo sulla base delle impronte digitali. Come si vede, siamo in presenza di una disciplina equilibrata. Sarà ora la Corte Costituzionale a pronunziarsi per assicurare il giusto temperamento tra il diritto dell’imputato di sapere dell’esistenza del processo e le esigenze della giustizia penale: e ciò con rifermento al caso di specie in cui si assiste all’evidente tentativo di sottrarsi al processo dinanzi al Tribunale di Roma.

di Bruno Ferraro