Pronuncia pruriginosa
Roma, "molestata a lavoro? No, complessata per il peso": sentenza-choc
Nuova pruriginosa sentenza a Roma, destinata a far discutere. Un uomo, ex dirigente di un museo della Capitale, è stato assolto dall'accusa di molestie sessuali sul luogo di lavoro mossagli da una sua dipendente. Il collegio giudicante presieduto da Maria Bonaventura, la stessa giudice che aveva assolto qualche giorno fa un bidello che aveva sì palpeggiato una studentessa, ma troppo "fugacemente" per poterla definire una violenza, ha ricostruito tutta la vicenda non escludendo gli approcci sessuali tra dirigente e dipendente, ma rovesciando di fatto le parti e sostenendo che in mancanza di testimonianze certe da parte dei colleghi e di altri riscontri, forse la ragazza potrebbe avere "equivocato" le simpatiche attenzioni del superiore anche a causa di alcuni suoi traumi pregressi.
"Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte - si legge nella sentenza, riportata anche dal Corriere della Sera - non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l'atteggiamento dell'imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente". Non aggressione, dunque, ma semplici contatti anche se a verbale risultano delle uscite piuttosto sopra le righe da parte del dirigente. La giovane è stata assunta nel gennaio 2019 e nell'aprile dello stesso anno denuncia un primo approccio esplicito da parte dell'uomo, che le avrebbe detto "quanto mi arrapi".
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Seguono altri episodi ancora più imbarazzanti. Frasi, apprezzamenti, battutine a luci rosse. Nel maggio del 2019, dopo averle chiesto di seguirla in magazzino per prendere dei cataloghi, l'accusato "la afferrava da dietro e iniziava a palpeggiarle i fianchi e la pancia quindi, appoggiandosi a lei, le sniffava i capelli e sussurrava ansimando...". Non basta. Dopo una cena tra colleghi, "iniziava a toccarla sul seno, sulla pancia, sui fianchi e sul sedere, a leccarla e a morderle le orecchie fino a quando le infilava la lingua in bocca". Evidentemente, secondo la giudice, hanno pesato di più le parole dei colleghi, che hanno ridimensionato gli slanci di "fisicità" del dirigente, che era solito anche fare il solletico alla accusatrice. Nel frattempo l'uomo è stato licenziato.