Processo a Torino
Michele Emiliano, chiesta la condanna a 1 anno: "Imitava la Serracchiani, così..."
"Un anno di reclusione e 90mila euro di multa". Eì la richiesta di condanna avanzata dall'accusa contro Michele Emiliano, governatore della Puglia: l'esponente del Pd, che alle ultime primarie ha sostenuto Elly Schlein, è a processo a Torino per finanziamento illecito. Il pm Giovanni Caspani ha chiesto la stessa pena per Claudio Stefanazzi, oggi deputato democratico e già capo di gabinetto dello stesso Emiliano. Insieme ai due politici, sono alla sbarra anche due imprenditori, Vito Ladisa e Giacomo Mescia.
Nell'aula di tribunale torinese, Emiliano ha detto di avere "fiducia nella giustizia". "Forse in passato quando la sentivo pronunciare da altri commettevo l'errore di considerarla una frase fatta - ha ammesso il governatore alla fine della sua dichiarazione spontanea -: ora dico che confido nella giustizia. Ho 63 anni e ho sempre cercato di comportarmi bene, sia nelle cose importanti che in quelle meno importanti". La vicenda che lo vede coinvolto è legata alla campagna per le primarie del Pd del 2017. Secondo l'accusa, le somme versate dai due imprenditori alla Eggers di Pietro Dotti, società torinese che seguiva la campagna elettorale di Emiliano, erano in realtà una forma di finanziamento occulto.
"Mi sono candidato molte volte - si è difeso Emiliano - e ho sempre seguito una regola: a occuparsi della raccolta dei finanziamenti doveva essere l'associazione Piazze d'Italia, che era molto attenta a scegliere gli interlocutori. Per questo non ho mai incontrato nessuno e negoziato alcunché. C'era anche un limite nell'ammontare del finanziamento, una specie di codice etico sovrapposto alle previsioni della legge. La separazione fra l'indirizzo politico della campagna e i profili amministrativi fu netta anche in occasione delle primarie". Il governatore ha poi spiegato di essere rimasto scontento del lavoro svolto da Dotti "perché, senza dirci nulla, aveva riciclato lo stesso formato campagna elettorale della Serracchiani" in Friuli Venezia Giulia. All'epoca Dotti aveva sollecitato il pagamento. "Per me era importante non passare per uno che non paga - ha sottolineato ancora Emiliano -, tanto più che la questione era finita sui giornali. Con Dotti non parlai: non avevo tempo e non volevo dirgli cosa ne pensavo. Ero talmente seccato che dissi ai collaboratori di sistemare la cosa: 'se avete i soldi pagate, sennò ve li do io'. Loro risposero 'non preoccuparti, ce ne occupiamo noi'. Non sentii più parlare della questione fino a quando ricevetti un messaggio da Dotti: 'Sistemato tutto'. Risposi solo 'va bene', sempre senza aggiungere quel che ne pensavo".