Lo stato delle toghe
Cerciello Rega, carabiniere ucciso a coltellate? Condanna annullata
Processo da rifare. E' assurdo. E' stato ucciso un carabiniere, è stato accertato chi sono gli assassini, il processo è stato chiaro e trasparente, le prove ci sono. Sono passati quasi quattro anni. E ora è tutto da rifare? Chi glielo dice alla moglie del carabiniere? Che giustizia è questa? La Cassazione ha deciso così. Processo annullato. Si ricomincia. Era la notte del 26 luglio 2019 quando il vicebrigadiere dei carabinieri Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale, che prestavano servizio nella caserma di Roma Centro, intervennero per un “cavallo di ritorno” - ossia un tipo particolare di furto con ricatto per un borsello rubato in piazza Mastai, a Trastevere. Un servizio apparentemente ordinario, che invece si è trasformato in tragedia. Cerchiamo di ricostruire brevemente i fatti.
Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjort, due ragazzi americani in trasferta nella Capitale, si trovavano in zona Campo de’ Fiori in cerca di droga. Dalle ricostruzioni a seguito delle indagini, i due giovani statunitensi vennero truffati da un 40enne, Sergio Brugiatelli – unico testimone dell’omicidio e morto in seguito per malattia, nell’ottobre 2021-, che aveva venduto loro della polvere bianca al posto della cocaina. I due dunque sottrassero al Brugiatelli il borsello, promettendo di restituirglielo non appena si fosse presentato con un grammo di cocaina e cento euro. Il pusher gli fissa dunque un appuntamento. Ecco che entrano in scena il vicebrigadiere Cerciello e Varriale. All’appuntamento, infatti, non si presentò il pusher, bensì i due militari. A quel punto nacque una colluttazione. Elder estrasse dalla felpa un pugnale da marine con una lama lunga 18 centimetri e colpì Cerciello – come poi emerse dall’autopsia con undici coltellate per guadagnarsi la fuga, lasciando il vicebrigadiere a terra morto in una pozza di sangue. Non colpì d’impeto, per una volta o due: no, affondò la lama ben undici volte, con una furia inaudite. I due americani furono individuati e raggiunti poche ore dopo il delitto, nella stanza 109 dell’Hotel Meridien, in zona Prati , dove soggiornavano. Portati in caserma, Elden confessò l’omicidio.
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Da questo interrogatorio nacque un vero e proprio caso politico e giudiziario. Un processo collaterale che vede coinvolto Silvio Pellegrini, il carabiniere accusato di aver scattato e diffuso la foto che ritraeva Gabriel Natale bendato in caserma, poco dopo l’arresto. Pellegrini si trova a dover rispondere dell’accusa di abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. Ricordo ancora l’indignazione di tutti quei moralisti che gridarono allo scandalo quando videro l’immagine del ragazzo bendato. Impietositi più dalla sua privacy violata che dalla vita strappata al militare, freschissimo sposo, ammazzato a coltellate. Ma andiamo avanti. Per i due americani inizò il processo. In primo grado i giudici condannarono entrambi all’ergastolo, motivando così la sentenza : «Riconosciuta una indubbia capacità criminale nonostante la giovane età. Sconcertante perpretazione di gravi reati posti in essere in un’inquietante escalation di illegalità». I giurati della prima Corte d’Assise evidenziarono che dalle immagini rinvenute sui telefoni dei due giovani, si palesava un’esaltazione delle droghe e l’ostentazione di armi e denaro quali simboli di affermazione. I giudici sottolinearono inoltre come l’atteggiamento dei due imputati fosse «sempre volto a sminuire le loro responsabilità, non mostrando mai alcun pentimento». Le pene furono poi ridotte in Appello: 24 anni per Finnegan Lee Elder, 22 anni per Gabriel Natale. Una sentenza definita «schifosa e indegna» dai legali del vicebrigadiere. Troppo indulgente, secondo loro.
Oggi si apre però un ulteriore capitolo di un calvario giudiziario che sembra non voler dignitosamente scrivere la parola fine a questa vicenda.
Bisognerà rifare daccapo il processo. La Cassazione ha infatti ritenuto credibile la tesi difensiva secondo cui i due amici americani non avrebbero capito che la vittima e il suo collega Varriale erano carabinieri, poiché erano in vestiti borghesi: affermano che non sia stato esibito alcun tesserino di riconoscimento (mentre l’accusa sostiene il contrario) e dunque, visto che loro aspettavano di incontrare uno spacciatore, sostengono di aver creduto che anche quei due fossero pusher. Quindi, per quanto sia incontrovertibile e assodata l’accusa di omicidio volontario, la Corte d’Appello di Roma, che dovrà di nuovo sentenziare sulla vicenda, potrebbe anche“ alleggerire” ulteriormente la condanna di Elder. Mentre per quanto riguarda Natale Hjorth la Cassazione ha messo in dubbio l’accusa di concorso nell’omicidio, aprendo dunque alla possibile di una possibile assoluzione per il reato più grave. Capite? L’evidenza di un orrore non conta nulla. Conta il dettaglietto, il particolare, la quisquilia. Ma perché, se uccidi un cristiano qualunque che non ha la divisa è una cosa da niente? No, non ditemi che questa è giustizia. E' burocrazia. Burocrazia della specie peggiore.