latitanza finita

Matteo Messina Denaro, schiaffo all'Italia: "Non voglio collaborare"

Dopo trent'anni giustizia è fatta, Matteo Messina Denaro è nel supercarcere Le Costarelle a L’Aquila. Qui il boss mafioso ha subito messo le mani avanti: "Non voglio collaborare". Questo il senso delle parole pronunciate al procuratore Maurizio De Lucia e all’aggiunto Paolo Guido. Vestito di tutto punto, Messina Denaro è stato ammanettato nella clinica La Maddalena di Palermo, dove da tempo si sottoponeva a cure contro il cancro. Eppure per i boss detenuti dietro l'arresto ci sarebbe qualche gola profonda: "Se lo sono venduti", è stato il commento di alcuni esponenti dei clan di camorra. "Qualcuno ha fatto la spia", è stata la frase di alcuni malviventi di piccolo calibro. Entrambi riportati dal Fatto Quotidiano. 

 

All’aeroporto di Boccadifalco il boss ha chiesto carta e penna per scrivere un appunto: "I carabinieri del Ros e del Gis mi hanno trattato con grande umanità". E la frase in cui si autodichiarava incensurato si è conclusa con un sarcastico "non so perché sono qui". Per Messina Denaro, infatti, si tratta della sua prima volta in carcere. A differenza di altri come Totò Riina e Bernardo Provenzano, il padrino di Castelvetrano non è mai stato in cella.

 

 

Anche se l'ipotesi di una collaborazione con lo Stato è remota, Nino Di Matteo, membro del Csm e già sostituto procuratore a Palermo e Caltanissetta, avverte: "Mi auguro che Matteo Messina Denaro faccia una scelta di collaborazione, non di raccontare qualcosa, la collaborazione è qualcosa di diverso, significa riferire il vero, riferire tutto. Sarebbe una collaborazione davvero importante, segnerebbe una svolta decisiva nella lotta a 'Cosa Nostra'". Per lui "Messina Denaro è a conoscenza di segreti importanti, è importante che lo Stato faccia comprendere che non ha paura di affrontare determinate questioni, determinati argomenti, con la cautela necessaria ma anche con l’approfondimento e la voglia di verità necessarie".