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David Rossi, "indagati i pm del caso": la pesante accusa
Un'indagine snaturata, portata avanti con troppa superficialità e con la convinzione di trovarsi di fronte a un chiaro, semplice, evidente caso di suicidio. Una commissione di inchiesta parlamentare che non ha mai accettato una tesi apparsa, da subito, lacunosa. Ieri una clamorosa novità, un colpo di scena incredibile, che rimette tutto in discussione. I tre pubblici ministeri di Siena titolari del fascicolo sulla morte di David Rossi sono stati iscritti nel registro degli indagati della Procura di Genova per falso aggravato. L'ipotesi a carico dei magistrati, Nicola Marini, Aldo Natalini e Antonino Nastasi, riguarda presunte irregolarità nell'inchiesta sulla morte dell'ex capo della comunicazione di Monte dei Paschi di Siena, avvenuta il 6 marzo del 2013.
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Marini, l'unico ancora alla procura di Siena di cui è capo facente funzione, Natalini, e Antonino Nastasi, quest' ultimo oggi pm a Firenze, saranno sentiti a Genova. Si inizierà mercoledì prossimo nella caserma della Guardia di Finanza del capoluogo ligure, dove i magistrati dovranno rispondere alle contestazioni relative alle presunte irregolarità, come la mancata verbalizzazione della perquisizione, con annessa ispezione informatica e sequestro, della stanza usata da Rossi. Tutti rilievi emersi dal lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Rossi istituita durante il governo Draghi e presieduta da Pierantonio Zanettin. La commissione ha trasmesso il risultato del lavoro svolto in meno di un anno.
In particolare la ricostruzione delle ultime ore della vita di Rossi e di quelle immediatamente dopo la morte. Un lavoro che ha portato a scoprire come i pm non abbiano mai- ad esempio- verbalizzato un accesso nell'ufficio avvenuto prima ancora della polizia scientifica. Oltre a un'altra serie di omissioni.
Secondo la tesi accusatoria, i tre pubblici ministero avrebbero «manipolato e spostato senza redigere alcun verbale delle operazioni compiute». Negli atti dell'inchiesta si legge che tale accusa è formulata nei confronti degli ex sostituti procuratori per «aver omesso di attestare nel verbale di esecuzione di decreto di perquisizione della stanza già in uso al citato David Rossi, ispezione informatiche e sequestro probatorio formato nell'esercizio delle funzioni» di un primo sopralluogo informale, effettuato prima dell'arrivo della polizia scientifica. Da lì la possibile manipolazione «di oggetti senza redigere alcun verbale delle operazioni compiute e senza dare atto del personale di polizia giudiziaria che insieme a loro avevano proceduto a questo sopralluogo». Accuse pesanti, circostanziate e che rimettono completamente in discussione tutta la tesi secondo la quale Rossi si sarebbe, semplicemente, suicidato. Ieri Marini ha ritenuto di commentare la sua iscrizione nel registro degli indagati sostenendo che «il fatto sul quale mi si chiedono chiarimenti è a mio avviso completamente e integralmente infondato».
In realtà, già durante la relazione finale della commissione di inchiesta, furono numerose le incongruenze evidenziate. Prima tra tutte il video nel quale si vedono due persone uscire da un ingresso secondario della sede di Mps. Immagini che contrastano con tutti gli atti processuali. Gli inquirenti infatti hanno sempre sostenuto non esistessero uscite alternative all'ingresso principale alla banca. Il video, non va dimenticato, era stato cancellato dagli atti, ma è stato individuato proprio dalla commissione. Ieri questo nuovo scossone. Un punto di partenza per continuare a sperare che, dopo quasi dieci anni da quel tragico 6 marzo del 2013, si possa finalmente arrivare a conoscere la verità sulla drammatica morte di David Rossi.