David Rossi, i pm che indagano sul caso minacciano i deputati: nero su bianco, ecco la lettera
I pm di Siena hanno deciso di passare al contrattacco. Tramite il loro difensore, l'avvocato genovese Andrea Vernazza (componente del pool che assiste Grillo junior e i suoi amici nel processo per stupro in corso a Tempio Pausania, ndr), hanno fatto recapitare al pentastellato presidente della Camera Roberto Fico una "memoria" per stigmatizzare l'operato di alcuni componenti della Commissione parlamentare d'inchiesta che sta indagando sulla morte di David Rossi, l'ex capo della Comunicazione di Banca Monte Paschi. Una iniziativa «irrituale», come hanno detto molti, e che è stata subito stoppata da Fico il quale ha ricordato che la Commissione sta portando avanti il suo lavoro su una «vicenda molto delicata su cui è fondamentale fare luce».
Ma che cosa contestano i pm Aldo Natalini, Nicola Marini e Antonino Nastasi alla Commissione presieduta da Pierantonio Zanettin (Fi) che in cinque mesi dal suo insediamento ha scoperto più cose di quanto non avessero fatto i magistrati in otto anni? La principale accusa è quella di aver violato la "riservatezza istruttoria". Sembra una barzelletta ma è così. In un Paese dove per mettere un freno all'incontinenza verbale dei pm c'è stato bisogno di una direttiva europea e la minaccia di Bruxelles dell'apertura di una procedura d'infrazione, i parlamentari secondo Vernazza parlerebbero troppo. L'avvocato ligure in cinque pagine di memoria elenca le gravi violazioni del "segreto". Il primo a finire nel mirino del difensore di uno dei ragazzi che insieme a Ciro Grillo avrebbero violentato a turno la studentessa in Costa Smeralda nell'estate del 2019, ironia della sorte, è proprio Luca Migliorino, grillino della prima ora e vice presidente della Commissione. In un'intervista video definita "promozionale" da Vernazza, Migliorino avrebbe affermato che Marini e Natalini verrano sentiti alla fine delle altre audizioni «perché cosi loro (la Commissione, ndr) sono meglio preparati».
DITO PUNTATO
Interrogare i pm per ultimi, secondo Vernazza, sarebbe il chiaro segno che la Commissione è prevenuta nei loro confronti. Poi è il turno di Walter Rizzetto (FdI), fra i fautori dell'istituzione della Commissione d'inchiesta, che avrebbe rilasciato «lunghe interviste per magnificare l'apporto giornalistico alla chiarificazione del caso». Per chiudere la serie del parlamentari loquaci non poteva mancare Zanettin. Vernazza afferma sicuro che durante una delle ultime trasmissioni del programma Quarta Repubblica in onda su Rete4 Zanettin avrebbe definito "scandaloso" l'operato dei magistrati di Siena. Un giudizio di valore, però, inventato di sana pianta da Vernazza perché rivedendo il filmato disponibile su Mediasetplay Zanettin non ha mai pronunciato quella parola. L'avvocato dei pm, dopo essersi lamentato della loquacità parlamentare, ha puntato il dito contro i consulenti della Commissione: l'avvocato Massimo Rossi e il giornalista Davide Vecchi, direttore del Corriere dell'Umbria.
Rossi, ricorda Vernazza, è stata condannato per un post su Fb in cui faceva cenno a festini gay ai quali avrebbero partecipato i pm senesi. Vecchi, invece, ha avuto un processo per violazione della privacy, da cui è stato assolto, per aver pubblicato la mail di Rossi in cui preannunciava l'intenzione di suicidarsi all'ex Amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola. Immediata la replica di Zanettin per il quale «l'attività della Commissione è rispettosa delle finalità dell'inchiesta e dei canoni di legittimità e legalità». Solidarietà a Zanettin dal collega Pietro Pittalis (Forza Italia) che ha parlato di «attacchi intimidatori» e di «interferenza di certa magistratura nelle prerogative parlamentari».
ACCUSE E SMENTITE
In serata è arrivata la controreplica di Vernazza che ha confermato che i suoi assistiti si faranno interrogare dalla Commissione. «Non sono turbati perché sanno che hanno agito nel giusto ma sono seccati perché c'è un alone antipatico su di loro», ha detto Vernazza. L'avvocato, poi, ha smentito quanto affermato nei giorni scorsi dal colonnello Pasquale Aglieco, l'ex comandante provinciale dei carabinieri. Aglieco aveva dichiarato alla Commissione di essere salito per primo nell'ufficio di Rossi insieme ai tre pm. In attesa che arrivasse la polizia scientifica per i rilievi, secondo il racconto di Aglieco, i tre magistrati avrebbero con il loro operato inquinato la scena del delitto: svuotato il contenuto del cestino dei rifiuti, acceso il pc di Rossi muovendo il mouse, spostato oggetti ed effetti personali presenti sulla scrivania. I pm avrebbero addirittura risposto a delle chiamate sul telefonino di Rossi, una di queste proveniente da Daniela Santanchè, e chiuso la finestra da dove il manager era precipitato al suolo. «Aglieco non era nella stanza», ha detto secco Vernazza ed i pm non hanno fatto nulla di quanto riferito dal colonnello, come lo svuotare il cestino o rispondere al telefono. Perché allora Aglieco, adesso fra i più stretti collaboratori del comandante della Scuola ufficiali carabinieri di Roma, si sarebbe inventato tutto? Un mistero a cui dovrà dare risposta la Commissione. L'alto ufficiale aveva anche detto di essere la sera della morte di Rossi in compagnia dei colonnelli Giuseppe Manichino e Rosario Mortillaro, dell'allora capitano Edoardo Cetola, e del luogotenente Marcello Cardiello. I quattro sono stati sentiti dalla Commissione nei giorni scorsi e, da quanto appreso, si sarebbero contraddetti a vicenda. La presenza di Aglieco è stata confermata da Mortillaro. Manichino, invece, si ricordava di Aglieco e non di Mortillaro. Cetola, invece, ha detto di essere rimasto sempre nel vicolo sottostante.