Il commento

Piercamillo Davigo indagato? Dopo Palamara, per le toghe un altro capro espiatorio è provvidenziale

Iuri Maria Prado

L'indagine a carico di Piercamillo Davigo ha lo stesso segno di quella che lui reclamava dalla Procura milanese, che a suo dire cincischiava e la cui inerzia lo induceva a percorrere la via informale del conciliabolo e delle confidenze a bordo della tromba delle scale con un senatore grillino, quel Nicola Morra presidente della commissione parlamentare Antimafia che rimproverava ai calabresi di aver votato per una malata di cancro (Jole Santelli): e il segno che accomuna le due faccende è la tardività.

 

La tardività di cui si doleva Davigo, perché Milano stava ferma pur davanti a notizie su fatti di gravità inaudita (le rivelazioni sulla cosiddetta "Loggia Ungheria"); e la tardività con cui si è cominciato a far qualcosa sui modi che Davigo ha ritenuto di impiegare per porre rimedio a quelle riluttanze investigative, appunto affidando lo scartafaccio alla privatezza dei suoi cassetti e alle confidenze consiliari anziché al percorso formale della denuncia nelle sedi deputate. È dunque un pasticcio- chiamiamolo, sofficemente, così - cui il dottor Piercamillo Davigo ha attivamente partecipato. Ma l'impressione che l'indagine che ora lo coglie sarebbe stata anche più tardiva, e forse neppure sarebbe cominciata, se lui fosse ancora nel posto di potere che occupava prima, è impressione forte.

 

Pur da pensionato, non ha smesso di fare dottrina reazionaria in televisione, come sempre lasciandosi andare alle sue divagazioni sulla politica corrotta che semina ipotesi di riforma giusto per continuare a farla franca: ma la sua prestanza oratoria ha preso a raggomitolarsi, e il giornalismo che gli offriva il palco era un po' meno incurvo nel reggergli il microfono. Non era un conato di dignità ritrovata: era il comportamento del domestico che si concede qualche insolenza davanti al decadimento del padrone. È questione di punti di vista decidere se le cure di giustizia si sono finalmente attivate su Davigo perché non era più possibile insabbiare o perché dopo Luca Palamara un altro capro espiatorio è un regalo della provvidenza: l'altra impressione è che nei due casi l'accertamento della verità c'entri molto poco.