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Magistratura, il diktat dell'Europa: "Assumete più toghe". Ma sono strapagate
L'Italia è ultima in Unione europea per i tempi della giustizia civile: 1.302 giorni, in media, per arrivare al terzo grado di giudizio (a Malta, la seconda più lenta, bastano 875 giorni). Assieme all'Ungheria, l'Italia è anche il Paese con più processi civili pendenti: 3,7 ogni 100 abitanti. Malissimo pure i processi amministrativi: per il verdetto di primo grado ci vogliono in media 821 giorni, solo Portogallo e Malta riescono a fare peggio. L'Italia ha anche un numero di giudici tra i più bassi degli Stati membri (mentre è quarta per numero di avvocati: 392,6 ogni 100mila abitanti, anche se molti non mettono piede da anni un un'aula di tribunale).
Sono alcuni dei record negativi della giustizia italiana, snocciolati ieri dal commissario europeo competente per la materia, il belga Didier Reynders, e contenuti nell'ultimo rapporto della Commissione europea sulla giustizia, presentato ieri e basato su dati del 2019. Sono numeri strettamente legati, oltre che alla riforma cui sta lavorando Marta Cartabia, ai miliardi europei del Fondo per la Ripresa che da Bruxelles arriveranno a Roma. Parte di quei soldi dovranno infatti essere investiti nella giustizia, e la bontà della spesa si vedrà innanzitutto da quanto si accorceranno i tempi dei processi nel nostro Paese. Lo stesso Reynders ha rimarcato che l'Italia si è impegnata «a ridurre la durata dei procedimenti civili del 40% e del 25% di quelli penali, in cinque anni». «Monitoreremo l'evoluzione», promette il commissario europeo: vuole ricordarci che il flusso di denaro, come previsto dalle regole, potrà essere bloccato se non si riscontreranno i miglioramenti previsti.
È il basso numero di magistrati, in particolare, a preoccupare la commissione di Ursula von der Leyen. «Il numero dei giudici resta uno dei più bassi nell'Ue», ha detto Reynders, che ha voluto mettere bocca anche sui contenuti di alcuni referendum proposti dalla Lega e dai radicali. «Ho letto della possibilità di dividere le carriere tra giudici e procuratori, ma occorre aumentare i numeri e quindi magari mantenere la possibilità di muoversi da una carriera ad un'altra», ha commentato. Il commissario europeo alla Giustizia è intervenuto pure sulla riforma del Csm, con parole che sembrano bocciare ogni ipotesi di sorteggio dei membri togati.
«È molto importante», ha avvisato, «che l'Italia si attenga agli standard del consiglio d'Europa», assicurandosi che questi componenti «siano eletti dai loro pari»: eletti, dunque, come avviene adesso, e non estratti a sorte. Reynders non è intervenuto su un altro aspetto, pure esso fondamentale: come dimostrano i dati di Eurostat, l'ufficio statistico di Bruxelles, l'Italia non spende, per la giustizia, meno degli altri. Il fatto che con costi simili il nostro Paese abbia un numero inferiore di giudici, pubblici ministeri e personale amministrativo, si spiega, semplicemente, col fatto che le retribuzioni pro capite di giudici e pubblici ministeri sono più elevate che all'estero. Un uso razionale delle risorse, tanto più necessario nel post-pandemia, imporrebbe quindi anche una riforma di questi emolumenti, ma le richieste della Commissione europea all'Italia non arrivano a tanto.