Concordato preventivo biennale, l'apertura si è rivelata meno efficace del previsto

La riapertura dei termini del Concordato preventivo biennale fino al 12 dicembre si è rivelata meno efficace del previsto, con risultati economici inferiori alle stime del governo. Il limite imposto ai contribuenti che avevano già presentato la dichiarazione entro il 31 ottobre ha ridotto le adesioni. Problemi emergono anche sul fronte Imu, dove ritardi nell’aggiornamento delle aliquote da parte dei comuni rischiano di penalizzare i contribuenti. La legge di bilancio 2025 presenta aspetti positivi, come il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote Irpef, ma le risorse limitate non permettono interventi significativi per rilanciare l’economia. Inoltre, le numerose PEC inviate dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti, spesso percepite come minacce, evidenziano la precarietà delle piccole partite Iva, già colpite da difficoltà economiche e occupazionali.

Serve un approccio più incisivo per sostenere cittadini e professionisti. Lo ha dichiarato Marco Cuchel, presidente dell’Associazione Nazionale Comunicazione, nel corso del Cnpr forum speciale, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca, che ha puntato i riflettori sul convegno di Anc “Obiettivo Futuro 2024”, che si è svolto a Pisa. Secondo Marcella Caradonna, numero uno dei commercialisti e degli esperti contabili di Milano: “La legge di bilancio ha luci e ombre. Noi siamo tecnici e non politici, parliamo di redistribuzione di risorse tra le varie categorie di reddito. Siamo abituati a sorprese nel work in progress e valuteremo nel tempo gli effetti di queste scelte politiche. La riapertura dei termini del concordato preventivo senza modifiche sostanziali non ha rimosso i problemi per cui c’era stata scarsa adesione. Avrebbero dovuto essere fatte modifiche badando anche ai conti della Ragioneria dello Stato”.

 

Per Giovanni Battista Calì, presidente dell’Odcec di Roma: “Il concordato non decolla perché c’è stato poco tempo per metabolizzarlo e perché è una norma molto complessa con problemi interpretativi irrisolti. I commercialisti l’avevano detto e questo è il risultato cui siamo arrivati. La legge di bilancio viaggia sullo stesso binario. Tutta la manovra si regge sulla conferma di provvedimenti già adottati in passato e giustamente riconfermati come il cuneo fiscale. Ma sul tema delle semplificazioni e delle detrazioni c’è poco. L’invio delle centinaia di migliaia di pec ai contribuenti crea terrore che allo stato non ci si aspetterebbe”.

Marco Natali, presidente di Confprofessioni, dal canto suo, ha sostenuto che “la logica del concordato è quella di determinare preventivamente il reddito ma per il 2025, che visto l’andamento economico ha incrementi di reddito non indifferenti, chi si fida a impegnare le risorse del 2025 per pagare imposte su ricavi che sono incerti? Il rischio di pagare imposte su redditi non percepiti è altissimo. Con la legge di bilancio si doveva osare di più, ma la coperta è corta e riscontriamo un’aggressività enorme dell’Agenzia delle Entrate nei confronti dei contribuenti per recuperare risorse fresche. Avrebbero potuto fare di più, rottamando ad esempio gli avvisi bonari”.

 

Giuliano Mandolesi (commercialista e giornalista economico) ha evidenziato: “Era presumibile che il concordato non avesse un livello di adesioni adeguato. I contribuenti non se la sono sentita di scommettere sul 2025 visti i trascorsi di crisi economiche, guerre e crisi energetiche. La proroga andava aperta a tutti, anche a chi non ha aderito entro ottobre. La legge di bilancio ha obiettivi lineari e plausibili come la riduzione della pressione fiscale sul ceto medio e la rimodulazione delle detrazioni fiscali. Ma la metodologia applicata è controversa e complessa. Ho parlato di incontinenza epistolare da parte dell’Agenzia delle Entrate per la valanga di pec inviate ai contribuenti. Lettere mal tarate e di dubbio gusto e tecnicismo. La teoria del minimo settoriale non è nel nostro sistema tributario”.

Claudio Siciliotti (past president del Cndcec) ha ribadito che “il concordato preventivo sta andando al di sotto delle attese. Fare queste scelte alla fine dell’anno è intuibile che approfitterà di questa opportunità chi ci guadagna. Arriveranno risorse immediate ma si rinuncia a incassare di più. La legge di bilancio è dettata dalle esigenze, la coperta è sempre corta e dovremmo sdoganare parole come ‘sacrifici’ dando una prospettiva al Paese non vivendo solo di presente. Serve una visione di lungo periodo. Sulle pec inviate dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti è la testimonianza che le cose non stanno andando come si immaginava. Il fisco non deve essere amico, deve essere equo”.

Il dibattito sulla nuova legge di bilancio e le politiche fiscali del governo Meloni ha acceso forti contrasti tra esponenti della maggioranza, dell’opposizione e rappresentanti delle professioni. Al centro della discussione vi sono temi come semplificazione fiscale, sostegno economico e strategie per la crescita del Paese. Al forum, condotto da Anna Maria Belforte, il vice ministro al MEF, Maurizio Leo, ha sottolineato i progressi fatti in ambito fiscale. Con 14 decreti legislativi approvati, tra cui riforme su Irpef e Ires, il governo punta su aggregazioni professionali, testi unici e un futuro Codice tributario. Obiettivo: semplificare il sistema fiscale e dare maggiore certezza del diritto, con importanti sviluppi attesi entro il 2025.
Dal fronte del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha attaccato duramente la manovra, definendola insoddisfacente per cittadini e imprese.

Conte ha criticato il Concordato preventivo biennale, descritto come inefficace, con adesioni limitate (500.000 su 4,6 milioni di potenziali contribuenti) e incapace di generare risorse sufficienti per tagli significativi all’Irpef. Tra le proposte alternative, il cashback sanitario e una tassa sugli extraprofitti di banche e industrie belliche. Anche Mario Turco, senatore pentastellato, ha evidenziato i fallimenti delle politiche fiscali, denunciando frequenti condoni, un sistema ancora complesso e il mancato contrasto all'evasione fiscale. Il M5S propone un fisco più equo, con detrazioni semplificate e un uso strategico dei dati elettronici.  Emiliano Fenu (capogruppo M5s in commissione Finanze a Montecitorio) ha evidenziato il paradosso che a ridosso di Natale sono state spedite pure 700mila lettere alle partite iva ‘imponendo’ l’adesione al concordato e minacciando accertamenti.

Carlo Calenda, leader di Azione, ha evidenziato il peso che grava sui commercialisti, costretti a supplire a un sistema fiscale complesso e incerto. Ha invocato riforme strutturali per semplificare le norme e alleggerire la responsabilità sui professionisti. Alberto Luigi Gusmeroli (Lega) ha difeso la proposta di 'rottamazione quinquies', mirata a sostenere chi è in difficoltà economica attraverso 120 rate mensili, senza decadere dal beneficio in caso di ritardi, sottolineando che la misura mira a recuperare risorse per ridurre le tasse di tutti.

Chiara Tenerini (Forza Italia) ha lodato la manovra, che dedica 18 miliardi al taglio del cuneo fiscale e alla riduzione delle aliquote Irpef, con attenzione a famiglie e ceti deboli. Ha però auspicato un fisco meno vessatorio verso piccole imprese e partite IVA. Dubbi e necessità di correttivi Andrea De Bertoldi, ha segnalato che il Concordato preventivo biennale necessita di aggiustamenti per funzionare meglio, criticando anche l’approccio minaccioso di alcune comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate.