Il libro
I paracadutisti italiani a El Alamein. Tra storia e memoria. Gianni Oliva e la Folgore
Folgore! ... E si moriva. Diario di un paracadutista di Raffaele Doronzo è una pietra miliare della bibliografia su El Alamein; Combattere! (Mondadori, 2017) ed il nuovo I paracadutisti italiani a El Alamein. Tra storia e memoria (LEG Edizioni, 2022) di Gianni Oliva rappresentano due letture importanti per chi voglia davvero approfondire le vicende, belliche e umane, di uno dei più famosi reparti militari al mondo. La Folgore…
Professor Oliva, perché quel “Tra storia e memoria” nel titolo?
"Perché tutte le "storie", cioè i fatti realmente accaduti, vengono trasformati in una "memoria", cioè nel frutto di un'operazione razionale che opera una selezione tra "conservazione" dell'accaduto e "cancellazione". Spesso la "memoria" finisce con il manipolare i fatti e restituirli con contorni impropri. Il 1940-43 ne è esempio: la strage di alpini nella ritirata di Russia è considerata "di sinistra", la strage di paracadutisti al El Alamein "di destra". Perché? Sono due battaglie (quasi contemporanee) della stessa guerra di aggressione dell'Italia fascista".
Oggi si dice che un laureato in lettere, in Italia, abbia poche opportunità di successo. Eppure colui che è stato forse uno dei più iconici militari della Folgore, Alberto Bechi di Luserna, era uno scrittore... e anche bravo!
"Il ten. col. Alberto Bechi di Luserna, classe 1904, ufficiale di carriera formatosi prima alla Nunziatella di Napoli poi all'Accademia di Modena, negli anni Trenta in servizio nelle operazioni coloniali in Libia e in Etiopia, poi addetto militare a Londra, nel 1940 chiese l'arruolamento nei reparti paracadutisti e ne emerse come una delle figure più autorevoli per determinazione e capacità di comando: reduce di El Alamein, egli diventò il capo di stato maggiore della divisione "Nembo", schierata in Sardegna dal giugno 1943 accanto alla 90^ divisione germanica "Panzergrenadiers". La vicenda umana di Alberto Bechi si esaurì nel settembre 1943, dopo l'armistizio. Nelle vicissitudini e nelle incertezze del momento, il comandante del 12^ battaglione della "Nembo", capitano Mario Rizzatti, decise di continuare a combattere accanto ai tedeschi e il suo reparto (circa 400 paracadutisti) lo seguì, aggregandosi alle colonne germaniche che dal Campidano muovevano sulla strada statale "Carlo Felice". Il ten. col. Bechi, che intende opporsi alla scelta, raggiunge la colonna alle porte di Macomer, ma viene fermato ad un posto di blocco al cui comando c'è il capitano Corrado Alvino. L'armistizio ha segnato una frattura fondamentale: chi sta con il re e Badogio è percepito come un "traditore" da chi ha scelto la continuità con l'Asse. Bechi e Alvino scambiano parole dure e risentite e quando il colonnello sale sull'auto forse per forzare il blocco viene abbattuto da una raffica sparata da un paracadutista di presidio".
La tragica morte di Luserna a Macomer - che lei ben descrive in Combattere! - parve riflettere il clima da guerra civile che, di lì a poco, avrebbe travolto il Paese. Ecco, secondo lei esiste una differenza fra la Folgore di El Alamein e la Folgore del 1943?
"L'episodio di Macomer anticipa gli scenari dei venti mesi successivi. Bechi è un lealista, fedele alle scelte di chi rappresenta lo Stato, cioè al Re; gli ufficiali del 12^ battaglione sono dei "ribelli", che in nome dell'educazione ricevuta nel Ventennio rifiutano l'obbedienza agli ordini. Credo che entrambi agissero in buona fede: ma nella storia il giudizio non si dà sulla buona fede dei singoli, ma sui progetti per i quali i singoli si battono. E il giudizio, in questo caso, è stato netto".
Luserna ci ha lasciato versi che, incisi nella roccia, accolgono i viandanti ed i "pellegrini" che si recano al Sacrario di El Alamein. Perché è ancora così difficile ricordare quella battaglia e, in particolare, la Folgore?
"Perché si è confuso El Alamein, episodio di guerra, con le opzioni politiche di estrema destra espresse nel dopoguerra da molti paracadutisti. E' un esempio tipico di "memoria" selettiva, di un "presente" che riflette i propri giudizi sul "passato" in modo improprio: non a caso El Alamein è stata sdoganata dal presidente Ciampi, solo vent'anni fa...oltre mezzo secolo dopo i fatti!".
Figlio di partigiano, ex iscritto al PCI, studente universitario nei durissimi Anni '70: ricorda se e come era allora raccontata agli studenti la vicenda della Folgore e, più in generale, dei militari italiani nella Seconda guerra mondiale?
"Negli anni Settanta/Ottanta si parlava poco di El Alamein: era la "battaglia dei fasci", mentre, come ho detto, gli Alpini di Russia erano guardati con simpatia e solidarietà. A parte il fatto che nessuno si è mai occupato di ricordare i Fanti, che pure sono morti a migliaia sia in Russia sia in Nord Africa(ma la Fanteria per tradizione è massa anonima e non alimenta miti), ma il nocciolo della questione è che Alpini, Paracadutisti, Fanti erano giovani coscritti arruolati e mandati a uccidere e farsi uccidere in nome di una stessa guerra di aggressione, combattuta nonostante la spaventosa sproporzione tra le ambizioni espansionistiche da un lato e le possibilità militari e produttive del Paese dall'altro. Sono stati vittime di chi ha voluto il conflitto, gli uni e gli altri".
Cosa l'ha più affascinata della storia della Folgore?
"Ho sempre pensato che il dovere di uno storico sia quello di scoprire pagine nuove, inedite; oppure di rileggere alla luce di nuove domande pagine già note. La storia della Folgore al El Alamein, in questo senso, mi è parsa una pagina impropriamente trascurata. Quanto alla mia personale provenienza e appartenenza politica, si tratta di due piani diversi: Mi sono laureato in storia del Risorgimento a Torino nel 1975 con Alessandro Galante Garrone, intellettuale di solida formazione azionista: un giorno mi disse "Ricordati che quando scrivi un libro di storia, nessuno di coloro che lo leggono devono capire per chi voti". Spero di aver interpretato quell'indicazione. In questo nostro Paese che non ha fatto i conti con il passato, c'è spesso un uso politico della storia: questo non fa bene né al passato, né al presente".