L'evento

I Negramaro incantano il teatro Arcimboldi

Enrico Paoli

Sì, certo gli stadi. Ma vuoi mettere il teatro? Dove lo spettatore non è solo quello, è anima e corpo con lo spettacolo.  E alito di passione e soffio d'emozione. Dove un sussurro diventa un urlo, capace di deviare l'equilibrio della scena. Come quando Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro, nel bel mezzo del terzo concerto milanese al teatro degli Arcimboldi (il trittico con il quale è partita la tournee), invitando al silenzio il pubblico richiama la fan "sgridandola" scherzosamente: "E Statt' zitt!". Poi si scuserà, Giuliano dei Negramaro, ma quella è la cifra del teatro. Quella è l'abissale differenza con gli stadi, dove tutto si perde e molto non si coglie. Dunque il tour dei Negramaro è partito. Ed partito con il vento in poppa, mettendo su uno spettacolo degno di esser chiamato tale. Luci in grado di vestire le canzoni meglio di un abito, i musicisti iniziano la serata in bianco e nero per finire in perfetto  stile casual, come una band d'altri tempi, con i pezzi arrangiati senza orpelli o sbavature.

Essenziali ma non scarni, quanto basta per appoggiarsi sul pubblico e farlo cantare. Al ritmo della passione. In fondo i Negramaro questo sono, cuore e calore. E Giuliano Sangiorgi, in splendida forma, sa sempre tenere tesa la scorda, senza mai spezzarla. Se sia già la sua maturità artistica difficile dirlo, di sicuro è una spanna sopra il resto del panorama italiano, dove si rincorre più il marketing dello stile, dove conta il quanto e non il come. I Negramaro, restano, e speriamo a lungo, una variabile indipendente, dipendenti solo dalla qualità dell'offerta. Del resto se il teatro resta quel luogo dove chi canta può guardare ogni spettatore negli occhi, coglierne le emozioni e lui può fare altrettanto, mentre chi sta sopra al palco canta e suona, i trucchi  sono ridotti al minimo, allo stretto necessario.

Ne ha bisogno il pubblico, ma ne avevamo bisogno anche i Negramaro, come confermano durante lo spettacolo,  dopo 15 anni di palazzetti e stadi - furono i primi italiani a San Siro - scegliendo questa dimensione per l' Unplugged European tour 2002 (data zero a Saint Vincent, poi tre giorni all'Arcimboldi di Milano e ora a giro per l'Italia e poi all'estero). Il tour prevede 41 live e toccherà, da novembre, dieci principali capitali europee con un repertorio "totalmente riarrangiato". Un tour teatrale, certo,  ma anomalo perché - come spiega la band salentina - lo show comprende l'essenzialità richiesta dal teatro a momenti complessi e, talvolta, anche a un silenzio assoluto, dopo alcune canzoni, in grado di emozionare anche la band. E' il modo per i Negramaro di "tornare alla vita", dopo tre anni "terribili" in cui la pandemia e la solitudine hanno imperversato ma durante i quali hanno pubblicato un album, nel novembre del 2020, in modo significativo intitolato "Contatto". E tornano alla vita nell'unico modo in cui sa farlo una rock band: suonare e cantare. Giuliano Sangiorgi ha lavorato molto sulla voce per affrontare la dimensione teatrale e suonando molto di più, compresa la chitarra classica, in una sorta di tributo a Pino Daniele, per lui imprescindibile. Nel lavorare sul tour la band ha scoperto una "nuova attenzione e nuove possibilità" in relazione a quanto stanno facendo ormai da oltre 20 anni. La scaletta prevede gran parte delle canzoni che hanno fatto ballare palazzetti e stadi ("La cura del tempo", la cover di "Meraviglioso", "Estate", "Via le mani dagli occhi" e altre) ma in versione unplugged e con un pubblico, fino a quando si tiene, seduto, ancor più concentrato a vivere le emozioni. Sguardo al futuro ma anche un ritorno alle origini, quando i Negramaro, con Afterhours e altri, senza i social, fecero scoprire la nuova scena italiana che, per la band, è tutt'altro che finita.

Social 'croce e delizia' per i giovani musicisti perché, pur essendo il gruppo salentino necessariamente attento ai numeri, delle copie vendute, degli spettatori e di chi li segue sul web, trovano profondamente ingiusto che un ragazzo possa essere esaltato "oppure vedersi stroncato" dalla quantità di interazioni o dai commenti sui social "quando potrebbe avere grandi possibilità". Rifuggono, quindi, ricordando l'insegnamento di Umberto Eco, quella che chiamano la "Commentocrazia" di oggi. Nel tour portano una canzone, "Dalle mie parti": un dialogo ideale tra chi è nato dalla parte fortunata del Mediterraneo e chi, invece, rischia la vita per attraversarlo. "Vediamo cinismo, cattiveria sul web: salvare una vita umana non è di sinistra, né di destra, né di centro", spiega Sangiorgi, "è solo essere umani. Io, da parte mia canto, sono un cantante. Ed è la canzone il mio post".