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Rcs vede ricavi in crescita e utile nel 2016, vola in Borsa
Milano, 21 dic. (AdnKronos) - Ricavi in crescita e conti in nero. Il nuovo piano industriale 2016-18 di Rcs Mediagroup presentato dall'amministratore delegato Laura Cioli traccia una via che, attraverso ulteriori azioni sui costi ma anche un ritorno alla crescita dei ricavi, sia pure leggera, dovrebbe portare il gruppo editoriale di via Rizzoli ad avere un utile di circa 40 mln di euro, su 1,09 mld di euro di ricavi, a fronte degli 1,03 mld previsti nel 2015, quando la società registrerà ancora una perdita netta. Il ritorno alla redditività, sia pure lieve, è previsto per l'anno prossimo: Rcs non chiude un bilancio in nero dal 2010. Il margine operativo lordo, escluse le poste non ricorrenti, dovrebbe passare dall'attuale 7% circa dei ricavi (70 mln atteso nel 2015) a circa il 13% nel 2018 (circa 140 mln). Attesi in calo i debiti: la posizione finanziaria netta dovrebbe passare da -500 mln circa nel 2015 (circa 7 volte il mol escluse le poste non ricorrenti) a circa -290 mln nel 2018, circa due volte il mol. Il piano del nuovo amministratore delegato era molto atteso dal mercato, anche perché il titolo ha perso molto nelle ultime settimane e, a questi prezzi, può tornare interessante, in presenza sia di un catalyst, cioè il piano stesso, sia di una discontinuità, cioè un nuovo amministratore delegato. E dalla Borsa arriva un'apertura di credito: il titolo ha reagito molto bene, chiudendo in crescita a doppia cifra (+12,06%), sovraperformando nettamente il settore, che ha guadagnato lo 0,6%. Il nuovo piano si articola in otto azioni fondamentali. Anzitutto, una forte riduzione dei costi, preservando gli investimenti (che ammontano a 75-80 mln nel periodo), con benefici netti per circa 60 mln, di cui 45 mln da interventi sui costi esterni e 15 mln connessi al costo del lavoro, risultato di una riduzione lorda di 40 mln, con un ridimensionamento ("rightsizing") delle funzioni corporate, anche attraverso accordi sindacali, compensata da nuove assunzioni per circa 25 mln. Niente numeri sugli esuberi, anche perché è troppo presto per farne: "Dove ci sono contratti di solidarietà - spiega l'ad - terremo fede ai contratti che abbiamo stipulato. Non andremo a variare gli attuali contratti in essere e quei contratti fanno riferimento a una percentuale molto significativa della nostra forza lavoro". Prevista poi una stabilizzazione dei ricavi e dei margini dei prodotti editoriali: non solo digitale, che pure resta importante, ma anche una rivitalizzazione delle edizioni locali, con il lancio di prodotti 'hyperlocal' (iperlocali). In ogni caso la quota del digitale sul totale ricavi, oggi al 14%, è prevista al 20% entro il 2018. E, sempre sul fronte digitale, il lancio del 'metered paywall' sul sito, una sorta di contatore o di tassametro digitale, un sistema di 'soft paywall' utilizzato attualmente dal New York Times, non senza qualche difficoltà, e per anni anche dal Financial Times. In pratica, l'utente ha accesso a un certo numero di articoli gratuiti, dopodiché, esaurito il contenuto free, deve pagare. Il paywall verrà introdotto entro fine gennaio: "E' molto importante - ha detto la Cioli - perché i contenuti di qualità devono essere pagati. Ci sono diverse esperienze in giro per il mondo: in Italia noi vogliamo aprire la strada. Saremo i primi". Previsto anche il "mantenimento della leadership di prezzo per tutte le testate, bilanciando il calo dei ricavi tradizionali, a fronte di una sempre maggiore ricchezza e qualità del prodotto", anche se a breve non sono previsti rincari. Rcs punta sullo sviluppo nelle aree ad alta potenzialità di crescita, anzitutto lo sport, che è "importante per il futuro del gruppo". Quindi, ha detto la Cioli smentendo indiscrezioni circolate nel weekend, "non venderemo parti di Rcs". Lo Sport "è un'area in cui investiremo. Magari in futuro penseremo a unire le forze con altri partner" all'estero, ha aggiunto l'ad. Focus anche sugli asset in lingua spagnola, una delle più parlate al mondo (che quindi ha una platea di lettori potenzialmente molto più vasta rispetto all'italiano), con un'espansione puramente digitale, centrata sui marchi Marca e La Gazzetta dello Sport. E soprattutto, attenzione ai dati e alla profilazione dei clienti, il petrolio dell'era digitale, che attualmente il gruppo estrae solo in minima parte. "Ci sarà un team dedicato. Avremo una grandissima attenzione" alla raccolta dei dati relativi all'audience del gruppo (circa 30 mln di persone), ha promesso l'ad. Inoltre, verrà potenziata la piattaforma tecnologica del gruppo, mentre nel business tradizionale dei centri stampa si valuteranno iniziative per aumentare la saturazione di impianti concepiti quando si vendevano il doppio delle copie, "valutando possibili iniziative congiunte con altri attori del mercato italiano". Per le dismissioni, si prevede la vendita di Veo Televisiòn in Spagna (vale una cifra compresa tra 50 e 100 mln di euro). Sfera, editore specializzato nella prima infanzia, "è uno degli asset che potremo cedere. Ora non lo stiamo cedendo, è in un percorso di ristrutturazione" e verrà venduto solo se il prezzo offerto verrà giudicato congruo, ha spiegato la Cioli. Per quanto riguarda Gazzetta Tv, il gruppo sta cercando una "strategia di uscita", che sarà "la migliore che possiamo trovare". L'asset è attualmente "in corso di revisione" ed è possibile che si decida di "trasferire la piattaforma al mobile". Sui periodici, quello che si doveva fare è stato già fatto. "Noi vogliamo essere sicuri che tutte le nostre attività siano sostenibili. I periodici hanno già subìto una ristrutturazione molto forte e, per il momento, tutto è sostenibile. Non abbiamo alcun piano di fare qualcosa di diverso rispetto a quello che abbiamo ora nell'area", ha detto la Cioli. Ora ripartiranno i negoziati con le banche per ridefinire i termini del contratto di finanziamento, alla luce di un piano che, malgrado la delega al cda della facoltà di aumentare il capitale per 200 mln entro giugno 2017, "non prevede aumenti di capitale". Inoltre, l'ad ha spiegato a chiare lettera che "in nessun modo le banche ci possono" forzare a lanciare "un aumento di capitale. Le banche non ci possono chiedere di fare un aumento di capitale", dice la manager, o meglio "ce lo possono chiedere, ma non possono farlo se noi non vogliamo". Nel passato, ha continuato la Cioli, "c'era una clausola nei contratti che ora non c'è più. Le discussioni con le banche non saranno sull'aumento di capitale, ma sulle condizioni che avremo dalle banche e che ci piacerebbe avere, basandoci sul piano industriale". Farà parte dei negoziati anche la destinazione dei fondi incassati dalla vendita di Rcs Libri alla Mondadori, ha confermato la manager. Le banche creditrici, inoltre, non hanno chiesto a Rcs Mediagroup la conversione del debito in azioni, almeno non "da un mese a questa parte". Infine, "per ora non c'è un'ipotesi di spostamento" della redazione del Corriere della Sera dalla storica sede di via Solferino, ha messo in chiaro l'ad.