Cordoglio
Morto Bolkenstein, i balneari: "Cosa ci disse lui in Parlamento", la verità sulla direttiva
È morto ieri l’ex commissario europeo Frits Bolkestein all’età di 91 anni. L’ex politico olandese è stato leader del partito Vvd, Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, dal 1990 al 1998, ma sicuramente è passato alla storia in Italia per il varo della Direttiva 2006/123/CE sulla liberalizzazione dei servizi, che ha preso il suo nome.
I media locali citano una comunicazione della famiglia Bolkestein, ricordando che l’anziano leader olandese aveva lasciato da tempo la vita politica attiva e si era ritirato dal 2022 nella Casa di riposo Rosa Spier. A dirla tutta la contrastata direttiva sulla liberalizzazione dei servizi nel mercato interno, approvata definitivamente dopo la fine del suo mandato, nel 2006, e ribattezzata appunto “direttiva Bolkestein” era stata approvata dopo un lungo tira e molla politico. Bolkestein aveva rivestito l’incarico anche di ministro della Difesa per circa un annno (tra il 1988 e il 1989), ma soprattutto è riconosciuto per essere stato per 8 anni i leader dei liberal -conservatori (dal 1990 al 1998), prima di assumere i galloni di commissario europeo per il Mercato interno, i servizi, la fiscalità e l’unione doganale nella commissione guidata da Romano Prodi, tra il 1999 e il 2004.
Il rapporto talvolta teso con i gestori degli stabilimenti balneari italiani - scattato quando il politico olandese ormai non era più in carica - non ha evitato che Assobalneari e La Base Balneare con Donnedamare esprimessero «profondo cordoglio per la morte dell’ex Commissario Ue».
Le due associazioni balneari, in una nota, lo ricordano, in particolare, «per la sua testimonianza al Parlamento Italiano, quando, di fronte ai parlamentari, spiegò come l’accanimento contro i balneari italiani non avesse nulla a che vedere con lo spirito della Direttiva». Le associazioni di categoria, anzi, chiariscono che la «direttiva è stata - e continua a essere- strumentalizzata a favore degli interessi di chi vuole favorire grandi multinazionali e investitori a svantaggio di un settore che, oggi, dà lavoro a 30mila famiglie e 300 mila occupati e rappresenta l’eccellenza del turismo Made in Italy».