Commissione Ue
Ursula Von der Leyen ha cominciato male: ecofollie e magistrati, è già al bivio
La baronessa von der Leyen, dopo un lungo silenzio e una preoccupante assenza per motivi di salute, è tornata a parlare questa settimana, facendoci però immediatamente rimpiangere il periodo in cui era rimasta muta. (...) Prima - nei giorni scorsi - sono purtroppo arrivate le sue frasi di sostanziale riconferma del green deal (con attenuazioni minime, inadeguate, omeopatiche). E ieri si è aggiunto un tweet fiammeggiante contro Donald Trump e le sue sanzioni, e a difesa della Corte Penale Internazionale, che - ha scritto la presidente della Commissione Ue - «deve poter condurre liberamente la lotta all’impunità globale». Gran finale: «L’Europa sarà sempre dalla parte della giustizia e del rispetto del diritto internazionale».
Ora, a parte il fatto che nessun cittadino europeo ha direttamente eletto la von der Leyen né a lei è consentito di espropriare su una materia tanto delicata il ruolo dei governi e dei parlamenti nazionali, è politicamente evidente - in questo tweet - sia l’attacco diretto contro l’amministrazione Trump sia una specie di fuoco di sbarramento preventivo e indiretto rispetto a chiunque abbia dubbi all’interno dell’Unione, incluso il paese (incidentalmente, l’Italia) a cui la Corte ha appena giocato un brutto scherzo sulla vicenda di Almasri, con le modalità e la tempistica della richiesta di arresto del libico tali da far scoppiare il caso che ben conosciamo. E adesso, da quarantott’ore, c’è anche il tentativo, alimentato dalla nostra sinistra, di trasformare un inconsistente esposto presentato da un immigrato come una nuova potenziale maxi-vertenza tra la Corte e l’Italia.
Era proprio necessario, in un contesto del genere, che von der Leyen si esprimesse in modo tanto perentorio contro Trump ma, di fatto, per blindare e santificare la Corte (alla quale, com’è noto, gli Usa non aderiscono)? No, non lo era.
E - complessivamente - non pare proprio opportuno che in una legislatura europea fragile, in cui la stessa Commissione è nata con un voto parlamentare esile e precario, la von der Leyen adotti su tutto parole d’ordine che rischiano di mettere a disagio proprio chi le “copre” politicamente il fronte destro e potrebbe semmai aiutarla in una interlocuzione non facile con Washington.
L’elenco fa impressione: le sortite ecotalebane della spagnola Ribera sempre pro green deal, le polemiche continue verso Trump, l’ossessione anti Musk, le regolamentazioni parossistiche nei settori dell’alta tecnologia, e adesso anche la difesa a corpo morto della Corte.
Sarà bene che qualcuno spieghi alla tedesca che (nella migliore delle ipotesi) tutto ciò porterà a sprecare un’altra eurolegislatura, e (nella peggiore per lei) a segare il ramo dell’albero su cui è al momento seduta.
Quanto poi alla Corte, non si può far finta di dimenticare quanto quell’organismo sia screditato dopo l’incriminazione appaiata dei leader israeliani e di quelli di Hamas. A suo tempo, il Wall Street Journal parlò correttamente di “epitaffio” per la giustizia internazionale. Più passano le settimane, e più quell’epitaffio appare scolpito su una lapide di infamia.
Leggi anche: Cpi, il governo italiano sta con gli Usa: non firma contro le sanzioni, rottura nella Ue
Già è un’autentica distopia che dittatori, autocrati e Stati-canaglia sponsor del terrore – coalizzati – pensino di tenere sotto scacco legale le democrazie. Ma che ora anche rispetto alla loro vita interna - i nostri governi democratici siano sottoposti a un’ulteriore spada di Damocle costituita dalla “giustizia internazionale” è assolutamente irricevibile.
Tutto questo va respinto. La Corte nacque, nelle intenzioni nobili ma forse ingenue di alcuni proponenti, come strumento di giustizia internazionale contro dittatori e soggetti operanti in contesti privi di rule of law, estranei alla cultura dello Stato di diritto. Solo un masochismo privo di senso storico (e incapace di comprendere quanto l’Occidente sia oggi sotto attacco di autocrazie e fondamentalismo islamico) può consegnare un’arma del genere nelle mani dei nemici della libertà. O comunque per paradosso - lasciare che quel fucile giudiziario sia puntato contro le nostre capitali e i nostri governi.
Dunque, ex malo bonum, da un grande male si tragga un bene: sarebbe l’ora di interrogarsi sul fallimento dell’esperienza della Corte, sull’opportunità o no di rimanere in quel sistema, o almeno sulla necessità di impedire strutturalmente che episodi del genere possano ripetersi. Altro che i diktat e le formulette assertive della von der Leyen.