Cambiare marcia
L'Unione europea lo ha compreso: le politiche green si sono rivelate un fallimento
Se un marziano planasse con la sua navicella spaziale in Europa, fra Bruxelles e Strasburgo, ed osservasse con attenzione quel che accade nei palazzi del potere continentale, rimarrebbe sconvolto. Molto di più di quando non lo fosse il suo predecessore che, partorito dalla penna di Ennio Flaiano, era invece atterrato a Roma tanti anni fa. Una confusione come quella che è andata in scena in questi mesi in Europa e che è approdata al varo di una commissione debole nei numeri si era forse vista solo storicamente nella tarda Bisanzio.
Degno coronamento politico di una architettura istituzionale altrettanto e ancor più bizantina, creatasi per successive aggiunte e sovrapposizioni nel corso degli anni. Si dirà: è la democrazia, che deve tener conto della complessità del reale e non può sciogliere i nodi con un taglio netto come fanno le autocrazie! La spiegazione non regge: sia perché quel mastodontico mostro messo su che chiamiamo Ue soffre di un deficit democratico non irrilevante, sia perché anche nelle democrazie la complessità sociale si può legare alla chiarezza del potere e delle scelte politiche.
Un esempio ci è arrivato proprio dagli Stati Uniti, una nazione divisa da fratture sociali, culturali, politiche che non hanno nulla da invidiare alle nostre europee. Eppure quello dei pesi e contrappesi e dell’elezione diretta di un Presidente con una base programmatica chiara è un sistema che continua a funzionare alla perfezione, come mostra la vittoria di Trump. Ora il nuovo presidente governerà con piena legittimità e nella pienezza dei suoi poteri e fra quattro anni il suo operato sarà giudicato dagli elettori.
I singoli Stati continueranno a seguire le loro politiche e si autogoverneranno, poco importa se in sintonia o no con il governo centrale di Washington. L’illusione che hanno invece avuto (e continuano ad avere) le classi dirigenti europee è che bastasse conquistare il potere, esercitarlo, e poi in modo dirigistico si sarebbe provveduto a sanare dall’alto le divisioni sociali tutto uniformando e standardizzando. Non ci vuole troppo a capire che siamo di fronte a quella “presunzione fatale” che è stata l’origine nella storia di ogni regime illiberale. Di fronte a questa difficoltà gli europeisti acritici non sanno fare altro ancora oggi che mettere in moto una sorta di pilota automatico. Per loro la soluzione ai problemi è ancora “più Europa”: alla centralizzazione dei poteri e al dirigismo imperfetti vorrebbero contrapporre ancor più centralizzazione e dirigismo, incuranti della stessa volontà dei popoli europei.
Il mantra attuale, ad esempio, è quello del superamento dell’unanimità nelle votazioni, una soluzione che, se adottata, toglierebbe ogni diritto di voce a stati nazionali che pure una legittimità democratica al contrario dell’Ue ce l’hanno. Va dato atto al Partito Popolare Europeo e alla stessa Ursula Von der Layen di aver capito che col dirigismo imposto da sinistra e verdi, cioè col potere senza popolo, non si sarebbe andati troppo lontani. E che i “barbari” all’opposizione non sono vandali pronti a distruggere ogni forma di integrazione europea, ma vogliono ricostruire su basi più solide, perché più democratiche e liberali, l’edificio messo in piedi finora. È questo il senso dell’apertura ai Conservatori, che potrebbe fare anche da battistrada ad un futuro impegno del gruppo dei Patrioti, o almeno di una parte di esso. Certo, la nuova commissione si regge su una maggioranza risicata e tutti i gruppi politici escono divisi e con le ossa rotte dal processo che ha portato alla sua formazione. Ma forse il risultato raggiunto era l’unico modo per non far implodere tutto: far finta che in Europa (e in America) nulla fosse cambiato, continuare nelle politiche dirigiste e suicide sul green e sull’immigrazione, avrebbe portato presto in un vicolo cieco. La navigazione ora sarà certo difficile, con Ursula costretta a destreggiarsi fra destra e sinistra. Ma la sua oggettiva debolezza potrebbe tramutarsi in forza, alla distanza.
Tutto avrà un senso se le forze popolari e dei conservatori, e in prospettiva anche i Patrioti, cominceranno a lavorare insieme ad un grande progetto per una Europa nuova e rispettosa dei popoli e delle diversità. Il coordinamento mondiale dei Conservatori che Libero ha auspicato qualche giorno fa potrebbe avere anche una sezione europea, dedicata principalmente al raggiungimento di questo scopo.