Dilemma progressista

Raffaele Fitto, sinistra alla frutta: l'escamotage al voto per salvare la faccia

Elisa Calessi

Votare o non votare Raffaele Fitto? Far prevalere l’interesse nazionale, quello per cui, trattandosi di un commissario indicato dal nostro Paese, andrebbe sostenuto a prescindere dalle appartenenze politiche, o far pendere la bilancia sul fatto che fa parte di quella destra che il Pd osteggia, in Italia e in Europa?

Il dilemma, da settimane, attraversa il Pd. Sia al suo interno, dove l’ala più riformista (a cominciare da Antonio Decaro) sarebbe per votarlo, mentre quella più schleiniana (Camilla Laureti) no; sia nei rapporti tra il Pd e il gruppo dei Socialisti e Democratici, parecchio ostili nei confronti della scelta di Von der Leyen di aprire ai Conservatori, accettando l’indicazione di un commissario italiano di Fdi.

 

 

 

In realtà, però, grazie al regolamento del Parlamento europeo e della Commissione, il dilemma potrebbe risolversi senza patemi. Vediamo perché. Il commissario designato da uno Stato membro deve comparire davanti alla commissione parlamentare che si occupa delle materie di cui dovrebbe ricoprire la delega. Fitto, per esempio, dovrà presentarsi davanti alla Commissione Regi, quella per lo Sviluppo Regionale. Lì dovrà sostenere un’audizione, ossia una sorta di interrogazione da parte dei commissari. Quindi, ci sarà un voto.

A esprimerlo, però, non saranno tutti i 41 membri della commissione (tra cui gli italiani Antonella Sberna, Fdi vicepresidente del Parlamento Europeo; Francesco Ventola, Fdi; Raffaele Topo, Pd; Valentina Palmisano, M5S), ma solo i coordinatori di ciascun gruppo, una sorta di capigruppo. Nel caso dei Socialisti, il coordinatore è lo spagnolo Marcos Ros Sempere. Ricapitolando: nella commissione che dovrà valutare Fitto c’è un solo dem, Topo, uomo di Enzo De Luca, non proprio vicino a Elly Schlein, campione di preferenze alle elezioni europee, verosimilmente non ostile a Fitto. E comunque non potrà votare, perché a esprimere il voto dei Socialisti sarà lo spagnolo.

Se Fitto ottiene la maggioranza dei due terzi, è “promosso”. Certo, potrebbe essere bocciato. È già accaduto in passato. Una vittima illustre fu Rocco Buttiglione. Ma una scelta del genere produrrebbe effetti a catena: potrebbe essere bocciato, a quel punto, un commissario socialista. Se Fitto dovesse passare questo step, si sottoporrà al voto finale, quello nell’assemblea del Parlamento Ue. Ma questo sarà un voto su tutta la commissione. In questo caso tutti gli eurodeputati Pd saranno chiamati al voto. Ma, appunto, sarà un voto sull’intera commissione, compresi i commissari socialisti.

Potranno, gli europarlamentari del Pd, dopo aver votato a favore della rielezione di von Der Leyen, dopo aver accettato di far parte della maggioranza, votare contro? Difficile. Anche perché il voto dei Socialisti e Democratici sarà sicuramente a favore. Intanto Fitto tesse la sua tela. Ieri ha incontrato la commissaria per la Coesione e le Riforme Elisa Ferreira. «Incontro molto positivo anche in vista dell’avvio della nuova Commissione europea», ha scritto su X.

Mentre Antonio Tajani, ieri, dopo aver incontrato il leader del Partito popolare spagnolo, Alberto Núñez Feijóo, in visita a Roma, ha detto di non aver «alcuna preoccupazione» per l’audizione a cui si dovrà sottoporre Fitto. «Mi auguro», ha continuato Tajani, «che anche i partiti di sinistra italiana facciano come ha fatto Berlusconi quando sostenne Gentiloni. Quando si è fuori dall’Italia il commissario non è di un governo ma italiano, deve prevalere l'interesse nazionale su quello di partito». Feijóo, che poi ha incontrato la presidente del Consiglio, ha detto che Fitto «sicuramente» sarà un «buon commissario europeo».