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Lucia Annunziata contro Mario Draghi: "Parole di un banchiere senza fuoco politico"

Al Pd evidentemente oggi Mario Draghi piace solo quando non vuole cambiare l'Europa. Basta leggere l'intervista di Lucia Annunziata a La Stampa, suo ex giornale, per capire che aria tira nel contingente dem che Elly Schein ha mandato a Bruxelles. 

Il report dell'ex premier italiano presentato la scorsa settimana, secondo la giornalista, ex conduttrice di In mezz'ora e attualmente europarlamentare dem, è stato "molto distaccato. Ha parlato con simpatia, come sa fare, ma era la relazione di un banchiere. Composto, distaccato, senza quel fuoco politico che tante volte ha saputo dimostrare". Non male come stroncatura: potrebbe essere uscita, sia pur con meno livore, dalla bocca di un esponente del Movimento 5 Stelle, alleati privilegiati del Nazareno.

 

 

 

Per il resto, la Annunziata si dimostra assai scettica su Raffaele Fitto, nominato dalla presidente della Commissione Ue vicepresidente esecutivo. Secondo la logica, l'opposizione almeno a Bruxelles dovrebbe "remare" insieme al governo a favore del rappresentante italiano, ma con il centrosinistra non è mai detto.

Il ministro uscente per gli Affari Ue, attacca la Annunziata, "arriva con deleghe più leggere di quelle di cui si era parlato all'inizio. Ma ha i fondi di Coesione, che riguardano tutti i Paesi. Il che ha fatto sobbalzare la sinistra italiana: la Coesione a un rappresentante del governo che ha varato l'Autonomia differenziata? Le due cose sono in evidente contraddizione perché quei finanziamenti - e si tratta di miliardi di euro - sono nati per unire l'Europa, mentre l'Autonomia è stata approvata per dividere l'Italia".

Una visione piuttosto parziale, ma l'eurodeputata alla domanda su come voterà il Pd rassicura tutti: "Farà l'unica cosa ragionevole. Intanto è un italiano, e sarebbe ben strano che degli italiani gli votassero contro in questo contesto. Ma il sì arriverà dopo che avrà presentato un progetto, dopo aver fatto un patto con il Parlamento, e dopo che avrà fatto capire di accogliere almeno tre punti del programma della sinistra. Sul piano generale, dovrà far capire se sta più vicino all'antieuropeismo di Ecr o alla sua matrice d'origine, che era europeista: la stessa di Tajani". Il tentativo di mettere in difficoltà le varie anime della maggioranza di governo è evidente.

 

 

 

Ma a rischiare maggiormente l'implosione è il cosiddetto campo largo, perfino lo stesso Pd al suo interno, per esempio sulla nuova risoluzione sull'Ucraina che andrà al voto oggi al Parlamento europeo: "Il punto tre, dove finalmente c'è la parola pace: l'impegno a lavorare per un piano credibile, la possibilità di un summit europeo", sottolinea la Annunziata. Quanto alla commissione Von der Leyen "ha preso atto dell'esistenza dei sovranisti, che ha di fatto spostato l'asse dell'Unione". "Subito prima del voto - è la ricostruzione riguardo all'Ursula-bis - si è formato il gruppo dei Patrioti di Orban, che ha galvanizzato l'azione politica della destra al Parlamento europeo. Facendo una campagna così forte contro Von der Leyen da far sì che ce ne fosse una altrettanto forte a sinistra: è a quel punto che il Pse e i Verdi dicono: nessun voto dalla destra, sennò non ti votiamo. Se Meloni avesse votato Von der Leyen, la sua base si sarebbe infuriata, è vero. Ma anche se Von der Leyen avesse preso i voti di Meloni, avrebbe avuto problemi". 

"Credo - conclude l'europarlamentare dem - che Von der Leyen si sia trovata molto in difficoltà. Il colore politico dell'Europa e dei suoi vari governi nazionali è cambiato. Il Ppe è andato bene, è ancora la prima forza, ma ha bisogno degli altri. Tu hai ancora una maggioranza progressista in Europa ma piccola piccola, per cui in un momento puoi perdere un gruppo e aver bisogno della destra, o della sinistra. Von der Leyen ha guardato a qual era la fonte del suo potere, gli Stati nazionali. E ha trattato con quelli: vuoi lo spumone o il babbà?".