L'intervista

Ue, Brando Benifei: "Il problema non è Fitto commissario, ma non allargare la maggioranza Ursula"

Pietro Senaldi

«Raffaele Fitto verrà valutato senza pregiudizi ma è necessario che dia segnali ampiamente europeisti nella sua presentazione». E comunque «non è stata la delegazione italiana a porre il problema». Così rivelano alle agenzie fonti parlamentari del Pd a Bruxelles. Ma la dichiarazione è anodina. I dem in patria sono accusati, non solo dalla maggioranza di governo, di assumere posizioni anti-italiane opponendosi al via libera al ministro di Giorgia Meloni. «Non è una questione sull’uomo. Ho lavorato con Fitto e, anche se non condivido la sua opera al governo, so che è uno aperto, con cui si può dialogare. Il punto è la maggioranza Ursula: non bisogna allargare il perimetro» spiega a Libero Brando Benifei, giovane decano dei dem a Bruxelles. «Noi del Pse abbiamo votato con Ppe, Liberali e Verdi un programma. Riteniamo che sia nell’interesse dell’Italia e Fitto deve sposarlo, deve convincerci che ne condivide i principi, se vuole il nostro voto».

Che figuraccia fa il Pd se sabota la candidatura italiana?
«Nella scorsa legislatura la Lega e Fdi non votarono Paolo Gentiloni. Non sarebbe un inedito».

 

 

Vi inimichereste una buona parte dell’opinione pubblica, e non solo di centrodestra...
«Non possiamo per questo rinunciare alle nostre priorità e all’aderenza dei commissari ai nostri valori. La questione è se Fitto è in grado di rappresentare anche i nostri valori. Un’Europa debole non ci interessa».

Ma se Fitto va bene alla presidente che avete votato, come fa a non andare bene a voi?
«Sarebbe possibile, perché lo ha indicato il governo italiano e non la von der Leyen».

Se la relazione di Fitto vi convincesse, lo votereste anche contro le altre forze del Pse?
«Il tema non si pone. Faremo una discussione collettiva: se convincerà noi, convincerà tutti».

Non teme di fare il gioco di francesi e tedeschi anziché quello degli italiani?
«Il tema è un altro: tutti nel Pse condividono una linea politica e sulla base di questa hanno votato la presidente von der Leyen. I conservatori di Fdi hanno una linea nazionalista, per esempio sul no all’abolizione del diritto di veto di ogni Stato, che riteniamo non sia nell’interesse dell’Italia. Anche su questo Fitto deve rispondere».

Voi fate i muri, il Ppe no...
«Il Pse è stato essenziale nel voto per Ursula. E il Pd è la forza più rilevante nel Pse».

Ritiene che l’Italia della Meloni sia isolata in Europa, come sostengono molti progressisti?
«Si è aperta una grande finestra di opportunità per l’Italia, legata alla situazione contingente in Germania e in Francia. C’è uno spazio dove possiamo giocare un ruolo importante. Ma per sfruttarlo, la Meloni dovrà cambiare spartito. Non possiamo fare come l’Ungheria di Viktor Orbán o come i piccoli Stati contrari a più integrazione, tipo il Lussemburgo».

In quest’ottica, qual è il problema se, nel corso della legislatura, il perimetro della maggioranza dovesse allargarsi?
«È un problema di coerenza. Von der Leyen ci ha chiesto la fiducia su un programma. Fitto deve dimostrare di essere adeguato a interpretarlo e deve convincere i capigruppo di ogni famiglia della maggioranza».