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Von der Leyen loda Giorgia Meloni: "Come ha consolidato la sua posizione in Ue"

Daniele Dell'Orco

Sono lontanissimi i tempi in cui Ursula von der Leyen, con la lente d’ingrandimento puntata sull’approdo della destra al governo in Italia, minacciava: «Se le cose andranno in una direzione difficile, abbiamo degli strumenti, come nel caso di Polonia e Ungheria». E ancora più remoti quelli in cui un suo collega, il commissario europeo al Bilancio Gunther Oettinger, diceva: «I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto». Oggi, dopo meno di due annidi governo Meloni, non solo lo scetticismo di Bruxelles nei confronti dell’Italia è stato spazzato via, ma lo scenario si è totalmente capovolto: è il premier, infatti, ad avere il coltello dalla parte del manico.

Ad ammetterlo è la stessa von der Leyen, che riferendosi a Giorgia Meloni in un’intervista alla televisione pubblica tedesca Ard, sottolineando il ruolo del capo del governo italiano nel varo del «Patto europeo sull’asilo e la migrazione» ha spiegato: «È interessante vedere che ha consolidato la propria posizione nel Consiglio europeo tra i capi di Stato e di governo. Ad esempio, un punto che non è stato facile discutere per tutti e, soprattutto, su cui trovare maggioranze in Parlamento è stata l’intera questione della migrazione. Tra l’altro, il fatto che la Meloni abbia votato a favore ha giocato un ruolo».
Nell’intervista von der Leyen ha ricordato poi che con Meloni «abbiamo lavorato insieme, per esempio sullo sviluppo del fondo di ricostruzione per l'Italia», il Next Generation Eu. «Un punto cruciale», lo ha definito il presidente della Commissione Ue, chissà spiazzando il suo interlocutore, Markus Preiss, responsabile dell’ufficio di corrispondenza del primo canale pubblico tedesco Arda Bruxelles, che con le domande incentrate su «come affrontare le forze nazionaliste nell’Unione europea» si aspettava chissà quale apologia di uno status quo, dominato e plasmato per anni da popolari e socialdemocratici, che dentro le istituzioni europee ormai non esiste più.

 

Proprio lo scenario dietro al «Patto sulla migrazione e sull’asilo» ha fatto da prova generale a ciò che accadrà dopo le elezioni, con Ursula von der Leyen che, per guadagnarsi la rielezione alla guida della Commissione, avrà bisogno di 361 seggi, ovvero la metà dei consensi dell’Eurocamera, più uno. La “maggioranza Ursula” che la elesse, però, non ci sarà più e i nuovi conti si dovranno fare proprio sulla base del tabulato di quel voto del 10 aprile scorso. All’epoca Meloni aveva dato prova del suo nuovo peso specifico, non solo dando il via libera al Patto a nome del governo italiano nella riunione dei capi di stato, ma garantendo anche i voti degli eurodeputati di FdI, unici del gruppo ECR ad esprimersi in favore a differenza dei colleghi spagnoli di Vox e dei polacchi del PiS. Il sogno di von der Leyen, si sa, sarebbe quello di spingere FdI verso il Ppe e allontanarlo dalle destre, ma quello che non ha capito è che invece sarà FdI a portare lei verso destra. Una Commissione che punta a durare deve infatti per forza avere uno spettro di consensi ampio nei Paesi più importanti. E senza un ampio sostegno da Roma non si può governare l’Europa per cinque anni. Siccome FdI in Italia farà il botto, sarà Meloni a dare le carte. A von der Leyen toccheranno invece le scocciature, come quella di dover convincere i socialisti a mettere da parte i mugugni. Semplicemente perché non avranno altra scelta. Il vento, stavolta, è cambiato per davvero.