Altro che neo-fascismo
La Francia lo ammette: l'Italia di Meloni l'ha sopravanzata al centro dell'Europa
A un anno e mezzo dall’insediamento del governo presieduto da Giorgia Meloni, è tempo di bilanci. Quelli seri, non quelli ad uso della lotta politica interna. Niente fascismo vs antifascismo per intenderci, ma il rigore dell’analisi politologica e la pregnanza del senso storico. Probabilmente, uno sguardo dall’esterno è quel che ci vuole. Qualche giorno fa, su Le Figaro, Nicola Baverez, alto funzionario francese e acuto analista politico, si è cimentato nel non facile compito.
Dopo aver riconosciuto all’Italia il ruolo di «laboratorio politico» ove, non da oggi, si sperimentano nuove sintesi politiche, ha definito come «post-populista» il governo Meloni. «La linea politica seguita da Giorgia Meloni - scrive Bavarez- non è neo-fascista. Non è rivoluzionaria, ma conservatrice. Non intende superare la divisione tra destra e sinistra né cercare una sintesi tra socialismo e nazionalismo, ma rivendica una posizione decisamente conservatrice».
Al contrario di quanto una stampa interessata e le forze politiche avverse avevano cercato di far passare, il governo attuale non ha rotto il tavolo degli accordi internazionali che legano l’Italia all’Unione Europea e all’Alleanza Atlantica, non ha isolato il nostro Paese, non ha promosso una «finanza allegra» che non possiamo permetterci.
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PARTNER RASSICURATI - Rassicurati i partner, spesso prevenuti, su questo fronte, il governo ha potuto affermare con forza i suoi valori, dalla difesa della tradizione e delle identità dei popoli europei minacciate dai vecchie nuovi globalismi, alla sicurezza e alla difesa dei confini dall’immigrazione illegale. In sostanza, l’Italia, superato lo storico complesso di inferiorità che ha sempre avuto verso i propri partner, non si è adeguata all’europeismo di maniera, ma non ha nemmeno rotto il tavolo. In questo modo, siamo potuti diventare un esempio per la stessa Europa, ove una opzione conservatrice non è più vista come destabilizzante ma anzi sempre più come un contributo allo sviluppo di una sana dialettica democratica anche a livello continentale.
Essendo una persona seria, Bavarez non si avventura in previsioni destinate ad essere smentite dalla realtà. «Il destino del post-populismo di Giorgia Meloni - scrive - e della sua offensiva europea resta aperto. È tuttavia essenziale comprendere che esso non rappresenta un ritorno al passato ma costitisce una forma politica originale, che intende rispondere al nuovo ciclo apertosi con la fine della mondializzazione e della guerra fredda, alla sfida lanciata alle democrazie dagli imperi autoritari, affermando il primato della politica sull’economia e dando una risposta all’imperativo della sicurezza voluto dai cittadini». In poche parole, guardare al passato, alle vecchie divisioni, non aiuta certo a capire l’esperimento italiano. Il che sembra quasi un monito rivolto alla sinistra, che non riesce ad affrancarsi dalle categorie novecentesche in cui è rimasta ingabbiata e che non le permettono più di comprendere la realtà.
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Quanto alla categoria di post-populismo, Bavarez insiste molto su quello che è a suo dire il fallimento del «populismo». In verità, se di fallimento deve parlarsi esso è quanto meno comune anche al globalismo che lo ha avversato: le esigenze che il «populismo» esprimeva erano reali, tanto che oggisono state recuperate su un terreno più realista dalle stesse élite.
COMBINATO DISPOSTO - La storia, d’altronde, non procede mai per linea retta, ma, hegelianamente, per tesi e antitesi. L’esperimento italiano concilia pure, dice Bavarez, protezionismo e libera intrapresa, nazionalismo ed europeismo. Questa sintesi nasce anche dall’unione delle diverse sensibilità che sono entrate a far parte dell’attuale maggioranza, le quali rappresentano una ricchezza e non un fattore di divisione, come a sinistra. Il combinato disposto di premierato e autonomia non è forse il modo migliore per rispondere ad un doppio deficit, quello democratico e quello della stabilità dei nostri governi? Non poteva mancare, in conclusione, un paragone impetuoso con la Francia: «Il paradosso - scrive Bavarez - è che l’Italia, a dispetto delle sue difficoltà, si trova oggi al centro dell’Unione mentre la Francia è isolata». E detto dai cugini d’oltralpe, è veramente “tanta roba”, come suol dirsi.