Come andarono le cose

Il patto segreto con cui finì il conflitto in Italia: pace e ipocrisia

Marco Patricelli

Gli accordi si fanno con il nemico al quale si può persino perdonare ogni possibile crimine, oltre la morale e oltre l’ipocrisia. È quello che fecero gli Alleati nella primavera del 1945 con Karl Wolff, generale di corpo d’armata delle SS, capo dello staff personale di Heinrich Himmler e plenipotenziario in Italia di Adolf Hitler: è il suo proconsole, ha potere su tutto, e i suoi lo chiamano «Il supremo».

Da quando ha capito che le cose per i tedeschi si stanno mettendo male ha tentato ogni sorta di approccio per uscirne pulito. A Roma aveva avuto un’udienza privata con Pio XII il 1° maggio 1944, con la mediazione del Superiore generale dell’Ordine salvatoriano, Pankratius Pfeiffer, e come pegno di buona volontà aveva disposto la liberazione di Giuliano Vassalli, già condannato a morte, la cui sorte stava a cuore al Papa. I tempi, però, non erano ancora maturi.

Ai primi di febbraio 1945 prova a sondare persino il suo capo, Himmler, per un accordo con gli angloamericani che li porti a combattere assieme contro i sovietici, ma il Reichsführer, che Hitler ha soprannominato «il fedele Heinrich» (questo non gli impedirà di tradirlo), si rifiuta. È allora che Wolff decide di agire per conto proprio. Offre la resa di centinaia di migliaia di soldati in cambio dell’immunità per sé e per altri come lui. Il 28 febbraio lui e l’aiutante, maggiore SS Guido Zimmer, agente del Sicherheitdienst (SD), incontrano a Desenzano il barone Luigi Parrilli, che ha contatti con gli angloamericani in Svizzera. Il 3 marzo avviene il primo contatto tra il capo dell’OSS Allen Dulles e il colonnello SS Walter Rauff: è stato un uomo di Reinhard Heydrich, è tra gli artefici delle Gaswagen (i furgoni che uccidevano con l’ossido di carbonio emesso dal tubo di scarico le persone rinchiuse all’interno), si è macchiato di crimini di guerra in Tunisia e dal 1943 è un esponente di spicco della Gestapo e del SD in Italia, responsabile diretto dell’uccisione di ebrei e partigiani. Di lui gli Alleati sanno tutto, ma adesso sembra non interessare. Chiedono un pegno e l’ottengono: il 7 marzo viene dato ordine di liberare Ferruccio Parri e Antonio Usmiani (maggiore degli alpini e ufficiale di collegamento tra l’esercito italiano e i servizi segreti alleati, capo di una rete informativa, l’U.16, che ha come referente l’OSS di Dulles che lo aveva personalmente scelto per quel ruolo), che ripareranno subito a Zurigo. Il giorno dopo la liberazione di Parri è Wolff in persona a recarsi in Svizzera per incontrare Dulles.

Il 19, nuovo summit al quale partecipano i generali Terence S. Airey e Lyman L. Lemnitzer. I sovietici non devono sapere nulla di quelle trattative. Wolff offre la resa dei tedeschi non solo in Italia ma anche in Francia, perché ha come disegno strategico quello di disimpegnare forze per ricacciare indietro l’Armata Rossa. Dulles sa che i tedeschi, se vogliono, possono trasformare l’Italia settentrionale in un deserto, con distruzioni e battaglie di logoramento, e questo andrebbe a vantaggio dei sovietici. E lo sa anche Wolff. L’OSS comincia a sua volta a disegnare le rat lines le vie di fuga dei nazisti attraverso conventi, passaporti da apolide, imbarchi per il Sudamerica, colpo di spugna su crimini di guerra. L’Operation Sunrise, che si dipanerà per sette settimane, fa comodo anche agli svizzeri, perché non intendono ritrovarsi alle frontiere un temibile esercito tedesco sotto la pressione alleata. Il 14 aprile, due giorni dopo la morte di Roosevelt, approfittando dell’assenza del Feldmaresciallo Albert Kesselring per un incidente Wolff rivela parte dei suoi piani ai generali della Wehrmacht Joachim Lemelsen e Traugott Herr. L’indomani la Linea Gotica viene sfondata. Churchill preme sul neopresidente Harry Spencer Truman per frenare l’Operazione Sunrise ma Dulles tira dritto: non vuole gli jugoslavi a Trieste. E così il 21 aprile Wolff è in Svizzera, a Lucerna. È riuscito a convincere Vietinghoff sulla resa con onore ed è fissato per il 29 aprile l’invio dei plenipotenziari, maggiore Eugen Wenner (SS) e il colonnello Victor von Schweinitz (Wehrmacht), al quartier generale alleato di Caserta.

Il documento è pronto dal 10 marzo. La firma avviene alle 14.30 con effettività a mezzogiorno del 2 maggio. Wolff è già stato prelevato da un commando alleato nella notte tra il 26 e il 27 dalla sua villa di Cernobbio minacciata dai partigiani e portato in Svizzera. L’improvviso ritorno di Kesselring sembra mandare tutto all’aria il 30 perché, appreso del “complotto”, destituisce e mette in stato d’arresto Vietinghoff, e il capo di stato maggiore Hans Roettiger, mentre Wolff e Roettiger hanno a loro volta ordinato di arrestare gli ufficiali che li hanno sostituiti. La morte di Hitler, annunciata dalla radio il 1° maggio, rimette tutto nei binari. Alle 22.30 il generale Traugott Herr ordina unilateralmente alla 10ª armata il cessate il fuoco per le 14 del 2 maggio. Wolff convince Kesselring che il suicidio del Führer ha sciolto i soldati dal giuramento di fedeltà e lo convince pure che la pace separata consentirebbe agli Alleati di bloccare l’avanzata sovietica verso la Germania e di Tito verso Trieste.

A mezzogiorno del 2 maggio l’Operazione Sunrise si chiude e inizia il deflusso dell’esercito tedesco verso le Alpi, non senza una scia di sangue. La guerra in Europa termina con la capitolazione di Reims, il 6 maggio, e con una nuova cerimonia formale a Berlino il 7. Gli ex alleati sono già in rotta di collisione. Per quanto Dulles non abbia mai garantito formalmente a Wolff l’immunità, è lui a metterlo al riparo dall’incriminazione al processo di Norimberga. L’ex capo delle SS in Italia potrà quindi intraprendere una fortunata carriera di uomo d’affari, indisturbato fino al momento in cui nel 1961 rilascia imprudentemente un’intervista durante il processo Eichmann a Gerusalemme che farà emergere la sua responsabilità nella deportazione di ebrei a Treblinka nel 1942. Arrestato nel 1962, verrà processato e condannato il 30 settembre 1964 a 15 anni di reclusione e a 10 anni di perdita dei diritti civili, ma per buona condotta sarà rilasciato nel 1971. Morirà nel suo letto nel 1984.