L'ombra di Erdogan
La profezia di Houellebecq sui partiti islamici in Europa si sta avverando: l'ombra di Erdogan
Le previsioni di Michel Houellebecq sull’islamizzazione della politica europea si stanno avverando. A velocità impressionante. Un articolo del quotidiano tedesco Bild am Sonntag ha rivelato la creazione di una succursale tedesca dell’Akp del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Una notizia che sta suscitando grandi timori in una Germania che vede i partiti tradizionali, in primo luogo i socialdemocratici e poi anche il centro cristiano, in profonda crisi di consensi, incapaci di opporsi all’avanzata della Afd a destra e di Sahra Wagenknecht a sinistra. Ma gli emuli di Erdogan sono ancora più inquietanti. Il partito turco-islamico si chiama Demokratische Allianz für Vielfalt und Aufbruch (Alleanza democratica per la diversità e il risveglio) e potrebbe partecipare alle prossime elezioni europee.
L’acronimo “Dava” è anche una parola turca usata spesso da Erdogan che significa “causa” o qualcosa per cui si sta battendo. Per molti, la nascita di questa formazione politica affiliata all’Akp è l’ennesimo tentativo da parte del leader di Ankara di espandere la propria influenza sulla popolazione turca in Europa, di destabilizzare il continente europeo sfruttando le sacche di immigrati di origini turche e di cultura islamica come tanti cavalli di Troia.
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L’Alleanza democratica per la diversità e il risveglio, come dettagliato da Bild am Sonntag, è composta da quattro candidati che hanno tutti fatto in precedenza campagna elettorale per l’Akp di Erdogan o per le sue organizzazioni satellite. «Un rappresentante di Erdogan che si candida alle elezioni è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno», ha reagito il ministro federale dell’Agricoltura e dell’Immigrazione Cem Özdemir (Alleanza 90/I Verdi), di origini turche, su X.
Christoph de Vries, membro della Cdu, ha manifestato alla Bild am Sonntag la sua inquietudine per la nascita di un partito turco-islamico dipendente da Ankara, invocando un intervento del governo: «È urgente che le autorità di sicurezza controllino da vicino tutte le attività di questo partito e i suoi legami con il governo turco, e che intervengano se il governo turco esercita un’influenza di retta». La Germania, in Europa, non è un caso isolato, come ricordato da Marie -Agnès Strack -Zimmermann: ovunque spuntano partiti islamici che hanno come chiaro obiettivo quello di minare dall’interno i valori liberali e l’identità giudeo-cristiana su cui è fondato il continente europeo.
Nel 2018, a Molenbeek, comune tristemente celebre perché vi abitavano i due fratelli jihadisti Abdeslam, è stato creato il partito Islam (acronimo di “Intégrité, Solidarité, Liberté, Authenticité, Moralité”). Redouane Ahrouch, uno dei fondatori, aveva proposto una “sharia occidentale” e aveva inviato una lettera a re Alberto II invitandolo a convertirsi alla religione maomettana.
In Spagna, Driss Mohamed Amar del Partito Andalusi (al-Andalus, ovvero la Spagna islamica, nome che gli Arabi dettero alla parte della Penisola iberica e della Settimania, al sud della Francia, da essi controllata e governata nell’Ottavo secolo) sogna un’Europa più islamica. Lo scorso ottobre, è stato invitato a Lille dal leader dell’Unione dei democratici musulmani di Francia, Najib Azergui, per mettere le basi di un’alleanza transnazionale con candidati alle prossime europee. Quando nel gennaio 2015 Houellebecq raccontava nel romanzo Sottomissione l’ascesa all’Eliseo di un candidato musulmano, Mohammed Ben Abbes, e la genuflessione progressiva della Francia all’islamizzazione, gli diedero dell’islamofobo, del razzista, del pazzo reazionario. Ma aveva soltanto visto prima di tutti quello che rischia di essere il futuro dell’Europa.