Solite fandonie

Pd smentito dalla Ue, "nessuna lite col governo"

Antonio Rapisarda

Lite, scontro, tensione fra Ue e Italia sul nodo Corte dei Conti-Pnrr? Nonostante il polverone su cui il centrosinistra non ha mancato puntualmente di soffiare, la realtà è che si è trattato di un clamoroso fraintendimento. 

A sgonfiare il caso è stato proprio il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, che già venerdì in tarda serata – ossia dopo la risposta, punto su punto, di Palazzo Chigi – ha dovuto fare dietrofront precisando così all’Ansa quel «monitoreremo con grande attenzione» (riferito «alla bozza di legge» riguardante la magistratura contabile) che aveva fatto scattare la documentata reazione del governo. «È sorta una confusione in relazione alla mia risposta a una domanda sul progetto di legge relativo alla Corte dei Conti italiana», ha spiegato Mamer riformulando così la replica: «Ho detto che le autorità italiane hanno creato un’istituzione specifica per controllare l’uso dei fondi di Next Generation EU e che la Commissione continuerà ad occuparsi di questo aspetto, dato che è stato concordato con le autorità italiane». Proprio ciò che è stato «rendicontato positivamente dalla Commissione» un anno fa, ha fatto notare l’esecutivo Meloni a proposito del decreto Pa, rivendicando come prossimo scopo la «corretta attuazione» di ciò che era stato già approvato nel 2021 dal governo Draghi (con il decreto 77) a proposito di controllo successivo e non “concomitante”.

 

RAPPORTI POSITIVI
Che le incomprensioni siano rientrate lo dimostra ciò che ieri ha fatto filtrare ancora il portavoce della Commissione, “elogiando” «gli scambi costruttivi» con le autorità italiane sul Pnrr: «Ricordiamo» che in quest’ambito «l’Italia ha posto in essere un solido sistema di audit e controllo per garantire la tutela degli interessi finanziari dell’Unione». Caso chiuso, dunque? Per Raffaele Fitto «assolutamente sì. Ci si sta muovendo in perfetta sintonia». Già venerdì - ha confermato il ministro degli Affari Ue al Tg1 - il governo aveva chiarito come il lavoro in Europa sta andando avanti «in perfetta collaborazione e «i rapporti», a partire da quelli tra la Meloni e la von der Leyen, «sono più che positivi». Insomma, una retromarcia netta.

Eppure c’è chi si ostina a non volerne prendere atto, nonostante anche autorevoli costituzionalisti - come Sabino Cassese e Cesare Mirabelli abbiano dato ragione al governo sulla limitazione del controllo concomitante come condizione per far procedere spedito il Pnrr. 

Indovinate chi? Il Pd, ovvio. Per Alessandro Alfieri, responsabile Riforme di Elly Schlein, la colpa è sempre dell’esecutivo: «Il fatto di essersi concentrati sulla governance e sulla Corte dei Conti, anziché sui progetti, sulle proposte» ha alimentato a suo avviso «un clima di diffidenza mentre il Paese avrebbe bisogno della massima collaborazione». A non voler ascoltare la smentita di Bruxelles è pure il segretario di +Europa Riccardo Magi per il quale i rilievi sul ruolo di controllo della Corte dei Conti sono giusti «e la risposta piccata di Palazzo Chigi dimostra che i timori dell’Ue sono fondati».

Se da una parte non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, dall’altra invece c’è chi ha ascoltato con attenzione la retromarcia della Commissione. Tommaso Foti ha indicato proprio nell’operazione terrorizzante della sinistra e della stampa progressista l’elemento che ha sviato le valutazioni di qualche funzionario a Bruxelles: «Probabilmente l’Ue è stata tratta in inganno da una polemica inutile messa in atto dal Pd e M5S».

PASSO DI LATO
Il capogruppo di FdI alla Camera prende atto della precisazione di Mamer: «Hanno fatto un passo di lato perché si sono accorti che la nostra reazione è stata semplice, visto che quella norma era in vigore e non è mai stata contestata». Si parla infatti di misure adottate dai governi Conte e Draghi e oggi riproposte «perché ne abbiamo bisogno», dato che nei prossimi due anni «partiranno atti amministrativi per realizzare le opere del Pnrr nel 2026». Sul punto è intervenuto anche l’azzurro Maurizio Gasparri: «Le precisazioni fatte dagli esponenti dell’Ue hanno chiarito la situazione». Per il vicepresidente del Senato il governo sta solo cercando di evitare la moltiplicazione dei controlli «che servirebbe soltanto a paralizzare la gestione dei fondi del Pnrr». Ma se dall’Ue c’è tutta questa voglia di lavorare «in più», ecco la provocazione costruttiva di Gasparri riguardo la scarsa applicazione delle tasse sulle multinazionali: «Questi portavoce, che parlano e poi precisano, possono occuparsi di Amazon, che non paga le tasse. La Global minimum tax del 15%, una percentuale bassissima ed irrisoria, non viene ancora applicata. Quindi l’Ue si alzi in piedi e non rimanga in ginocchio davanti ad Amazon. Faccia i controlli necessari sull’Italia, ma controlli i giganti esentasse».