Cambia il vento

Finlandia? Non solo: ecco l'Europa che gira le spalle ai partiti di sinistra

Carlo Nicolato

Manca ancora un anno abbondante alle prossime elezioni europee (maggio 2024) e se la tendenza rimane quella indicata dalle ultime tornate elettorali ne vedremo delle belle: il giochino dello “spitzenkandidat” retto da popolari e socialisti rischia di rimanere senza maggioranza e l’unico governo possibile, ovvero l’unico presidente della Commissione possibile, dovrà per forza essere un popolare appoggiato dagli attuali reietti dell’Europarlamento, quelli della destra.In Finlandia, ultima della lunga lista, ha vinto il Partito di Coalizione Nazionale del conservatore Petteri Orpo, con solo qualche seggio in più dei “Veri Finlandesi” di Riikka Purra, etichettati nel modo più vario, da ultradestra a nazional-populisti, e comunque euroscettici.

La premier in carica, la diva socialdemocratica Sanna Marin, ne esce malconcia, sebbene nell’ultimo anno abbia goduto dell’appoggio della stampa progressista mondiale che si è affannata a dedicarle copertine e articolesse come se non ci fosse un domani. A Helsinki però la pensano diversamente e hanno punito l’avvenente Marin e il suo governo più che altro per motivi economici, per l’inflazione e per l’aumento del debito pubblico (73%) che secondo l’economista locale Nordea Juho Kostiainen ha trasformato la Finlandia nell’«Italia del Baltico».
 

 

L’ARIA DEL NORD
Solo qualche mese fa, nel vicino giardino della socialdemocrazia, cioè in Svezia, il Partito dei Moderati di Ulf Christersson aveva formato un governo col sostegno esterno dall’estrema destra dei Democratici Svedesi di Jimmie Akesson, il vero vincitore morale di quelle elezioni con un inaspettato exploit di oltre il 20%. Anche qui i motivi principali della vittoria del centrodestra sono state le condizioni economiche sempre più difficoltose per i cittadini ma anche l’immigrazione e la criminalità crescente. Nella vicina Danimarca i socialdemocratici hanno vinto le elezioni dello scorso autunno con un solo seggio di vantaggio e la premier Mette Frederiksen è stata costretta a formare un governo di coalizione con la destra.
L’onda di destra però non riguarda solo i Paesi nordici. In Italia dall’ottobre scorso governa un esecutivo di destra, retto dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni che con il suo Fratelli d’Italia ha conquistato il 26% dell’elettorato e tuttora vanta nei sondaggi percentuali attorno al 30%. Nei Paesi Bassi i conservatori di Mark Rutte comandano già da qualche anno, ma nelle ultime elezioni per il Senato il Paese si è spostato ancora più a destra con la vittoria del partito dei Contadini (Boer Burger Beweging) di Caroline van der Plas, che ha cavalcato la protesta contro le misure green del governo e dell’Europa che non colpiscono solo agricoltori e allevatori, ma anche la classe media cittadina.
Lo scorso anno in Francia anche il partito di governo del presidente Emmanuel Macron (Renaissance) ha perso la maggioranza mentre la destra di Marine Le Pen (Rassemblement National) ha decuplicato i seggi. A fine anno si voterà anche in Spagna e gli attuali sondaggi danno un significativo vantaggio dei conservatori del Partito Popolare sui socialisti. In grande ascesa l’ “ultradestra” di Vox data al 15% e se il popolare Alberto Núñez Feijóo vorrà governare sarà ben difficile prescindere da tali voti.

PERSINO IN GERMANIA
La destra ovviamente governa in Polonia e in Ungheria. I conservatori in Austria, Repubblica Ceca, in Croazia, in Slovenia, in Bulgaria (ieri il centrodestra di Boyko Borisov è tornato al potere). In Grecia si voterà a maggio e i sondaggi danno in vantaggio il governo conservatore uscente, seppur in calo dopo l’incidente ferroviario che ha funestato il Paese. In Germania si sono inventati la coalizione semaforo di centrosinistra ma le ultime elezioni berlinesi non fanno ben sperare peri socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz che hanno registrato un crollo storico posizionandosi a 10 punti dalla Cdu. In crescita anche qui l’estrema destra dell’Afd, ormai data a livello nazionale al 15%. In Belgio il “populista” Vlams Belang è in testa a tutti i sondaggi (24%), seguito dall’altro partito di destra fiammingo, il N-VA (20%). Verosimilmente dunque alle prossime elezioni l’“arco costituzionale” europeo non potrà più fare finta che la destra, o l’estrema destra che sia, non esista. Il Ppe in particolare avrà il dovere di dialogare con quella sempre più cospicua parte di Europa che se ostracizzata o messa da parte rischia di diventare una bomba a orologeria per la stessa Unione.