Intervista a Libero

Massimo Teodori, bomba dell'esperto: "Vi dico qual è il piano di Macron"

Maurizio Stefanini

Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Ne parliamo con Massimo Teodori, che oltre a essere stato un leader storico del Partito Radicale è uno dei maggiori esperti italiani di storia degli Stati Uniti. Già ordinario di Storia e istituzioni degli Stati Uniti presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università degli Studi di Perugia, docente di Politica italiana contemporanea alla Luiss e alla Johns Hopkins University di Bologna, è autore di oltre trenta volumi di storia contemporanea e americana e di sociologia politica, e ha vinto il premio Saint Vincent per il giornalismo, il premio Stresa, il Premio Nazionale Rhegium Julii Saggistica e il premio Ignazio Silone.

«Quello di Draghi con Biden credo che sia un incontro importante sotto diversi aspetti. È importante per l'Italia, che viene presa come un partner dell'alleanza atlantica di prima linea. È importante per l'Europa, perché Draghi può rappresentare un portavoce al tempo stesso fedele all'atlantismo ma anche estremamente rappresentativo dell'Unione Europea e della spinta europeista. È importante perché in questo momento ha l'autorevolezza per stare decisamente accanto all'Ucraina con le armi, ma anche per suggerire e spingere, accanto al sostegno delle armi, anche un percorso che porti alla trattativa e al compromesso. Draghi è autorevole, quindi tutto questo lo può fare solo una persona autorevole con gli stati Uniti, che sono quello che sono».

 



 

C'è divergenza di interessi tra Unione Europea e Stati Uniti a proposito della linea da tenere sull'Ucraina?
«Negli Stati Uniti sono presenti oggi due posizioni diverse. C'è la posizione dei falchi secondo cui bisogna andare in fondo, sconfiggere la Russia, cambiare il regime. E c'è una linea, chiamiamola così, delle colombe, secondo cui dobbiamo difendere l'Ucraina nel suo territorio, nella sua resistenza, ma non dobbiamo mettere i piedi nelle questioni russe.
Tanto è vero che la parola d'ordine data alla Nato è: nessuno scarpone Nato sul suolo ucraino. Né Nato né americano, anche se poi è noto che consiglieri e istruttori lavorano per sostenere la resistenza armata dell'Ucraina».

Ma in Europa ci sono delle differenze in cui Draghi si può inserire?
«Ma certo che ci sono dei ruoli molto diversi. Lasciamo stare la Gran Bretagna che in teoria sta fuori, in teoria oggi non è più Europa, ma sostanzialmente è Europa lo stesso. Diciamo che ha una posizione molto dura, molto da falco armato. Macron fa di tutto per accreditarsi come un negoziatore del futuro tra Occidente e Russia. E la Germania è troppo coinvolta per suoi interessi del passato, del presente e del futuro per poter esercitare una azione decisa».

Quindi può essere Draghi il leader di fatto dell'Unione Europea?
«Draghi potrebbe essere il leader che al tempo stesso è garante di una posizione europea ma anche garante al tempo stesso di una amicizia profonda nell'alleanza atlantica. Un leader che può agire all'interno della prospettiva dell'alleanza atlantica, che è poi quella che lega l'Italia per scelta da lunga data».

 



 

E qual è l'interesse dell'Europa, in questo contesto?
«È difficile dire quale sua l'interesse unico dell'Europa. Certamente i Paesi che hanno una dipendenza energetica dalla Russia hanno interesse che venga posta fine alla guerra. Però al tempo stesso è interesse di tutta l'Europa che si dia un fermo all'espansione di Putin, se davvero le sue intenzioni fossero quelle di ricostituire un impero di tipo sovietico o comunque un impero da grande potenza. Cosa che adesso è impossibile perché tutti i Paesi che ieri facevano parte ed erano satelliti dell'Unione Sovietica oggi hanno scelto, non per decisione americana ma per loro decisione, di stare dalla parte dell'Occidente. Anzi, di starci in una maniera molto anti-russa: così la Polonia, così la Romania, così la Bulgaria, così i Paesi Baltici.. L'Ungheria, in questo momento, è l'unico Paese che mantiene con la Russia dei rapporti di vicinanza.».

E intanto l'effetto della mossa di Putin è stato quello di spingere anche Svezia e Finlandia nella Nato...
«Per Putin questa guerra e questo scontro è in realtà come una prova come con i materiali di resistenza. Putin verifica se l'Occidente resiste, perché fino a oggi lui ha occupato la Crimea e una parte del Donbass senza che nessuna forza occidentale dicesse nulla. Quindi lui oggi si era illuso di poter fare altrettanto con l'Ucraina. E quindi se dovesse sfondare in Ucraina dove andrebbe a finire? Questo non lo sa nessuno. Però la cosa da considerare è che per dieci anni lui ha potuto impunemente rompere quelle che sono le regole internazionali delle Nazioni Unite, del Consiglio di Sicurezza, sulla sovranità che non si possono infrangere i confini e le sovranità nazionali, facendo quello che ha fatto con quei territori che ha occupato, o in cui ha costituito dei regimi fantoccio».

Se la è anche annessa direttamente la Crimea. La prima annessione da un Paese a un altro Paese dai tempi della Seconda Guerra Mondiale...
«Appunto. Lui ha rotto un equilibrio che andava avanti dal 1945. Questa è la realtà, E quindi la prova dell'Ucraina è una prova di resistenza dper sapere se può continuare impunemente a fare quello che ha fatto negli ultimi dieci anni o no. E questa è anche la questione che si prova, oltre alla libertà e sovranità dell'Ucraina».