Scacchiere internazionale

Armi, balzo dell'Italia nell'export: venti di guerra, cosa sta succedendo

Mirko Molteni

Mentre in Europa si riparla di riarmo, esce il rapporto del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), ovvero l’Istituto di ricerca sulla pace di Stoccolma, sul mercato degli armamenti, che confronta il quinquennio 2020-2024 a quello 2015-2019. La novità principale è stata, per ovvi motivi, il balzare dell’Ucraina al primo posto mondiale nell’importazione di armi straniere.

Dovendo affrontare un colosso come la Russia e sopperire alle capacità insufficienti delle proprie industrie, per giunta esposte agli attacchi nemici, Kiev ha sfruttato gli aiuti militari dei Paesi, Nato e non, del “gruppo Ramstein”, arrivando all’8,8 per cento del mercato delle armi. Poco importa se in gran parte sono armi di seconda mano provenienti da arsenali dei Paesi Nato. Il Sipri ha evidenziato ciò che ricordava il presidente Usa Donald Trump.

 

 

Cioè che il maggior fornitore d’armi dell’Ucraina è stata l’America, che da sola conta per il 45 per cento dell’import. A distanza seguono la Germania, col 12 per cento e la Polonia con l’11 per cento. In totale sono 35 le nazioni che armano Kiev, ma gli Stati Uniti da soli contano per quasi la metà. E il Sipri corrobora che la capacità ucraina di resistere ancora ai russi dipende soprattutto da Washington. L’Ucraina è l’unico Paese europeo fra i primi dieci importatori di armi, ma da solo traina tutto il continente. Così, perla prima volta da 20 anni, l’Europa è diventata il maggior mercato regionale per le armi americane, superando il Medio Oriente. È diretto al nostro continente il 35 per cento dell’export militare Usa, mentre la quota del Medio Oriente è scesa al 33 per cento. La differenza è poca, ma emblematica. Forse l’inizio di una tendenza, se il riarmo Ue si rivolgerà ancora in gran parte alle industrie d’oltreoceano. L’importanza degli Stati Uniti per riarmare gli alleati europei, checché ne dica Bruxelles, cresce. Se nel 2015-2019 gli Usa pesavano per il 52 per cento negli acquisti di armi europei, nel 2020-2024 sono volati al 64 per cento.

Uno dei ricercatori del Sipri, Pieter Wezeman, ha spiegato quanto sarà difficile per l’Ue svincolarsi dagli armamenti statunitensi, specie nei settori a più alta tecnologia: «Con una Russia belligerante e relazioni atlantiche sotto stress all’inizio del mandato di Trump, i membri Nato dell’Europa cercano di ridurre la dipendenza dagli Usa e di rafforzare le industrie europee. Ma il rifornimento transatlantico di armi ha radici profonde. L’import dagli Usa è aumentato e gli Stati europei hanno tuttora ordinazioni agli Usa per 500 aerei da combattimento e molte altre armi». In generale gli Stati Uniti restano il maggior esportatore d’armamenti, con una quota globale aumentata in questi anni dal 35 al 43 per cento. Il maggior acquirente singolo degli armamenti americani è l’Arabia Saudita, che da sola assorbe il 12 per cento del volume. Restando all’Europa, le fonti d’armi dei Paesi Ue sono frazionate fra innumerevoli fornitori, parte europei, parte extraeuropei, ma sempre di importanza inferiore a “mamma America”.

Negli ultimi cinque anni il secondo fornitore dei Paesi europei è stata la Francia, col 6,5 per cento del mercato, tallonata dalla Corea del Sud, con un altro 6,5 per cento dovuto specialmente a profumati contratti di Seul con la Polonia per carri armati e aerei. Ritroviamo un altro fabbricante europeo, la Germania, al 4,7 per cento e Israele al 3,9. A livello mondiale, la Francia ha sorpassato la Russia come secondo esportatore, coprendo il 9,6 per cento del mercato, mentre la Russia è scesa al 7,8. Mosca ha dovuto dirottare la maggioranza della sua produzione di armi e munizioni alle necessità della guerra in Ucraina, perciò ha tagliato le esportazioni.

Ancora negli ultimi anni, comunque, i russi hanno venduto sistemi militari ai loro maggiori alleati asiatici, ovvero l’India, che ha assorbito il 38 per cento dell’export di Mosca, e la Cina, che ne ha comprato il 17 per cento. L’India, però, diminuendo la quota di armi russe esportate, ha compensato rivolgendosi alla Francia e diventando, al 2024, il miglior cliente di Parigi, col 28 per cento dell’export d’Oltralpe, mentre al secondo posto sta il Qatar, che compra il 9,7 per cento delle armi francesi. La Cina, invece, che esporta più armi, vantando col 5,9 per cento il quarto posto, è riuscita a diminuire di ben il 64 per cento nell’ultimo lustro le sue importazioni dall’estero.

Pechino ha profittato del calo di export russo per accelerare lo sviluppo di un’industria militare nazionale sempre più autonoma. Ormai i cinesi possono dirsi quasi indipendenti dall’industria russa e ne approfittano per far sentire la loro concorrenza come esportatori. E l’Italia? Fra il 2020 e il 2024 i gruppi Leonardo e Fincantieri hanno conquistato una quota di mercato mondiale del 4,8 per cento, facendo salire il Belpaese dal decimo al sesto posto tra le “fucine di spade”.