Terra contesa
Groenlandia al voto, "chi è il favorito". Trump ed Europa, il verdetto che può stravolgere il mondo
Una terra enorme, coperta sempre meno dai ghiacci, potenzialmente ricchissima. E un pugno di abitanti, 57.000 anime chiamate a votare oggi per il nuovo parlamento nazionale. Fino a qualche mese fa, una questione "locale", perché la Groenlandia fa parte del regno di Danimarca anche se ha una relativa autonomia. Co l'avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, però, è cambiato tutto.
Il presidente americano ha ripetuto più volte di voler far diventare dell'enorme isola dei ghiacci a nord-est del Canada un nuovo stato dell'Unione. Copenaghen ha riscoperto il suo orgoglio, facendo muro soprattutto per questioni economiche, pur avendo per decenni sostanzialmente ignorato il suo possedimento oltremare. E sulla base di questa accusa, i partiti separatisti e indipendentisti sono oggi i grandi favoriti alle urne. Da una parte il leader Mute Egede, premier da quando aveva 34 anni, leader di Inuit Ataqatigiit. Dall'altra Erik Jensen, 49enne capo di Siumuit ed ex titolare di un Ministero chiave, quello delle Risorse minerarie.
Pochi dubbi, insomma, sul verdetto: i 41mila elettori aventi diritto dovrebbero chiedere a gran voce l'indipendenza dalla Danimarca. La vera incognita è quanto potrebbe avvenire un minuto dopo il verdetto elettorale. Proprio le dichiarazioni recenti di Trump potrebbero condizionare il voto che indicherà i 31 membri del parlamento locale, Inatsisartut. Di fatto, l'insistenza, a volte minacciosa, del presidente americano nel voler prendere possesso della Groenlandia ha dato impulso alle aspirazioni indipendentiste dei 57.000 abitanti del territorio, molti dei quali affermano di non voler essere né danesi né americani, ma groenlandesi. La questione ha quindi occupato un posto importante nella campagna elettorale, divisa tra temi come l'istruzione, gli affari sociali, la pesca (che costituisce il 90% delle esportazioni dell'isola) e il turismo. Le consultazioni si sarebbero dovute tenere a fine aprile: ma sono state anticipate di due mesi, indette precipitosamente all’indomani dell’insediamento del nuovo presidente Usa. "Sarà nostra in un modo o nell’altro", ha detto Trump la settimana scorsa, durante il discorso sullo stato dell’Unione.
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Quasi tutti i partiti politici vorrebbero che il vasto territorio ghiacciato, 50 volte più grande della Danimarca ma 100 volte meno popolato, volasse da solo. Sui cinque partiti in gara, fanno eccezione i centristi pro-UE e anti-indipendenza Suleqatigiissitsisut ("Partito della cooperazione"). Ma, per gli altri quattro partiti la questione non è 'se' ma il quando: "corsia preferenziale" o termine più lungo? Tra i più impazienti, il partito nazionalista Naleraq (all'attuale opposizione), molto visibile durante la campagna, chiede che il processo di indipendenza inizi al più presto. Nelle precedenti elezioni del 2021 aveva ottenuto il 12% dei voti. "L'interesse che stiamo riscontrando, non solo negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo, (...) è a nostro favore", ha dichiarato Juno Berthelsen, una delle sue candidate più in vista. Indipendenza? "Possiamo azzardare una stima: ciò avverrà in uno o due cicli elettorali" di quattro anni ciascuno, ha affermato. Ma "dipenderà da come andranno i negoziati tra Groenlandia e Danimarca".
Colonizzata dai danesi più di tre secoli fa, l'isola artica ha ottenuto l'autonomia nel 1979, ma le funzioni di sovranità (affari esteri, difesa, ecc.) restano ancora sotto controllo della Danimarca. Grazie a una legge del 2009, i groenlandesi possono avviare autonomamente il processo di indipendenza, che prevede la negoziazione di un accordo con Copenaghen, che deve poi essere approvato tramite referendum in Groenlandia e tramite una votazione nel parlamento danese. Le due componenti della coalizione di governo uscente, Inuit Ataqatigiit (verde di sinistra) e Siumut (socialdemocratico), sono generalmente meno frettolose, anche se ultimamente si sono registrate divisioni interne. Secondo loro, il territorio deve prima di tutto raggiungere una certa sostenibilità economica, mentre gli aiuti annuali di circa 530 milioni di euro erogati da Copenaghen rappresentano un quinto del suo PIL.
"Le discussioni sull'indipendenza sono ancora sul tavolo. Questo è l'obiettivo finale per molti di noi in Groenlandia, ma ci vorranno 10, 20 anni o più", afferma Aaja Chemnitz, membro dell'IA e uno dei due rappresentanti della Groenlandia nel Parlamento danese. "È importante parlare dello sviluppo economico della Groenlandia e di come realizzarlo in modo molto più sostenibile", afferma. Il capo di Siumut Jensen, ministro delle Finanze uscente, è seccato dal fatto che la questione dell'indipendenza abbia eclissato, almeno nei media stranieri e danesi, quelli legati alla vita quotidiana delle persone. "Anche l'indipendenza è un aspetto importante del nostro programma, ma qui in Groenlandia tutti parlano di salute, scuole e asili nido", ha ricordato.