strategia anti-donald

Donald Trump, se per contrastare i suoi Usa a sinistra spuntano i "Forza Cina"

Francesco Storace

E all’orizzonte si staglia la Grande Marmaglia, gli eroi della sinistra italiana che si fregano le mani al solo sentir parlare di “Forza Cina”. Poi, gli armaioli in servizio permanente effettivo, il pacifismo è di un’epoca fa. I primi sono individuabili – per coerenza – in quelli che in politica si sono sempre mostrati con gli occhi a mandorla, basti pensare a Romano Prodi e Massimo D’Alema. Di tempi più recenti l’amore pechinese di Giuseppe Conte – in questo preciso istante contro Trump, ma chissà per quanti secondi ancora – e tutti appassionati alla tesi del nemico più amico. Contro Trump per schierarsi con la Cina, ecco la nuova parola d’ordine. E ieri se ne è fatto interprete su Repubblica l’ambasciatore Nelli Feroci, che ha vergato in maniera forse un tantino fantasiosa un pezzo sul ministro degli Esteri della Repubblica Popolare cinese. In pratica illustrando un appello di Wang Yi che ha ricordato all’Europa «l’impegno del suo governo per il rispetto del diritto internazionale, la fiducia nel multilateralismo, l’idiosincrasia per iniziative unilaterali e l’opposizione al protezionismo». Venite a noi, dice l’esponente del governo di Pechino e l’ambasciatore Nelli Feroce se ne fa portavoce sul quotidiano della Gedi.

Ci vogliono proteggere, pare di capire, perché in Europa saremmo «ancora traumatizzati dalle dure parole del vicepresidente americano J.D. Vance», e quindi bisogna impegnarsi «a lavorare con la Cina per gestire insieme le complessità della congiuntura internazionale». È evidente il tentativo di schierare l’Europa contro gli Usa, il solito gioco di sempre, che stavolta vede però impotente il vecchio Continente. Nessuno scommette un euro sulla capacità di resistente dell’Unione europea, in realtà. Sul fronte si schiera da settimane anche Elly Schlein, che pure lei pare presa da questa voglia di corsa al riarmo – e quindi alle guerre – che non ha davvero alcun senso. Basti pensare anche a quanto è accaduto ieri in Parlamento che è stato raccontato in brevi parole dal senatore leghista Claudio Borghi. L’altro Borghi, quello renziano di nome Enrico, ha presentato assieme al suo collega di gruppo di Italia Viva Scalfarotto, un documento per impegnare il governo ad «avviare quanto prima il percorso dell’esercito unico europeo quale elemento indispensabile per la definizione di una strategia europea nello scenario globale». Traduzione: ueh’, siamo armati pure noi. Esito: bocciato irrimediabilmente dal Senato. Il commento di Borghi, quello leghista, eloquente in piena sintonia con Salvini: «Con buona pace di Ursula, viva la pace!».

 

 

Tra filocinesi ed europeisti allo sbaraglio, si nota insomma nel campo sinistro della politica italiana davvero tanta confusione. Come se debbano ritornare a galla i profeti della cessione di sovranità verso l’ignoto, come se gli Stati dovessero rinunciare a garantire la propria difesa nel nome dei soli interessi nazionali. Ed è proprio qui il pericolo verso il quale occorre la massima attenzione. Mentre ci si distrae sui “dazi di Trump” fingendo di non sapere che si aprirà una discussione che finirà inevitabilmente in una trattativa complessa, si tenta di ignorare i danni che possono provocare certe politiche. Il corteggiamento continuo verso Pechino e la voglia di distinguersi con l’esercito comune europeo sono le due facce di una medaglia senza eroi. Ma il tutti contro Trump è destinato ad una sconfitta rovinosa: da una parte perché Pechino farà da sola aldilà degli appelli di maniera e dall’altra perché in Europa ognuno è geloso dell’altro.