La lezione tedesca
Weidel, un tedesco su 5 ha scelto la destra. E lo tratteranno da nazista
È una buona idea trattare da nazista un elettore tedesco su cinque? Ovviamente no. Ma è quello che sta incredibilmente accadendo.
Supersintesi: gli elettori vanno nettamente a destra; l’AfD coglie un risultato storico raddoppiando i suoi voti nonostante anni di mostrificazione subìta; la Cdu arriva largamente prima (un po’ sotto i sondaggi della vigilia, a onor del vero) ma comunque si autorinchiude nel vicolo cieco della ricerca di una complicata e fragile coalizione per tenere fuori il partito che è cresciuto alla sua destra.
E i socialdemocratici? A pezzi, bastonati dagli elettori: 9-10 punti percentuali in meno rispetto alle elezioni precedenti. Si profila il peggior risultato di sempre nella storia dell’Spd. In calo anche i Verdi. Fa un piccolo miracolo, dal suo punto di vista, la sinistra della Linke, che cercherà di fare opposizione dal lato opposto rispetto ad AfD. Tutti gli altri ballano intorno alla soglia di sbarramento: se alla fine resteranno sotto il 5%, regaleranno qualche seggio in più ai partiti maggiori, facilitando minimamente il raggiungimento di una maggioranza parlamentare.
E per il governo da costruire? Intanto è stato strabocciato il governo precedente: tutti insieme, i Socialdemocratici, i Verdi e i Liberali perdono circa 18 punti. E allora che soluzioni si profilano? Una di queste tre: tutte francamente discutibili. Prima ipotesi: il leader cristianodemocratico Friedrich Merz costruisce una grande coalizione a tre (Cdu, Spd, Verdi). Dunque, Cdu alla guida con socialdemocratici e Verdi nel ruolo di junior partner. Junior fino a un certo punto, peraltro: la prospettiva di vedere al ministero delle Finanze il solito Olaf Scholz, dopo tutti gli errori strategici di questi anni su green e automotive, è francamente imbarazzante.
E lo stesso vale per gli ambientalisti, non certo premiati dalle urne, e verso cui Merz aveva meritoriamente polemizzato in campagna elettorale. Che fa, ora si rimangia la linea di ridimensionamento del green deal? Seconda ipotesi: sostituire i verdi con i liberali di Fdp (ammesso che alla fine passino lo sbarramento). Ma anche lì le polemiche (tra Cdu e liberali di Fdp, e anche tra Spd e gli stessi liberali) sono state roventi fino a ieri.
Terza ipotesi (eventualmente facilitata dal mancato raggiungimento della soglia di sbarramento da parte delle forze minori): governo a due, con una successiva ricerca di aiuti parlamentari sui singoli provvedimenti, solo con Cdu e Spd. Ma questo valorizzerebbe ancora di più il ruolo del superperdente Scholz.
Peraltro, tutte e tre queste scelte non terrebbero conto del terremoto avvenuto nell’ex Germania Est, dove il rigetto dei partiti tradizionali e il premio a tutte le formazioni più dure (di destra e di sinistra: AfD, Linke, Bsw) ha assunto il suono di un autentico urlo. Meglio ascoltarlo che ignorarlo.
E qui si arriva al punto di fondo, cioè al cuore della campagna ormai alle nostre spalle. La verità è che ormai non si può più parlare soltanto di un errore, ma di una vera e propria coazione a ripetere (politica e mediatica): da un lato, fare di qualcuno (stavolta, AfD) il bersaglio di una demonizzazione totale, cieca, assoluta; e dall’altro, dimenticare il “dettaglio” rappresentato dagli elettori, dalle loro ragioni e dai loro sentimenti.
Nella peggiore delle ipotesi, dal punto di vista delle sante alleanze “resistenziali”, vengono fuori sconfitte epocali (Kamala Harris contro Donald Trump a novembre scorso, o ancora Hillary Clinton contro Trump nel 2016, oppure Remain contro Brexit qualche mese prima). Nella “migliore”, l’unica prospettiva è paralizzare tutto, bloccare, impantanare il campo di gioco. È riuscito l’estate scorsa a Emmanuel Macron in Francia: ha effettivamente impedito un governo Le Pen-Bardella, ma al prezzo di non avere alcuna maggioranza parlamentare.
E - in misura meno devastante - rischia di succedere qualcosa di analogo in Germania: una maggioranza ci sarà, come abbiamo visto, ma composita ed eterogenea. E con fortissimi elementi di impopolarità e scarsa chiarezza programmatica. Non certo un buon viatico per Merz.
Quanto ad AfD, si è occupata dei tedeschi e dei loro problemi, a partire dall’immigrazione fuori controllo, mente gli altri si sono occupati di AfD per mostrificarla. E dunque ha sostanzialmente vinto, ben al di là della percentuale che ha materialmente raggiunto.
A onor del vero, ci sarebbe un fatto nuovo con cui fare i conti: da mesi il leader della Cdu Friedrich Merz aveva capito almeno in parte l’aria che tirava e ha nettamente schierato i cristiano-democratici su una linea di maggior rigore contro i clandestini, sconfessando la vecchia posizione di Angela Merkel. Il guaio è che però non c’è stato un diverso sbocco politico. E in prospettiva tutto è destinato a finire nella solita stantia cucina dell’ennesima grande coalizione.
Sarebbe servito o servirebbe un colpo di fantasia quasi rivoluzionario. E cioè un Merz pronto a spingere il suo coraggio ancora oltre, rifiutando il connubio postelettorale con i socialdemocratici, e tentando una inedita convergenza Cdu-AfD. Dal canto suo, la leader di AfD Alice Weidel avrebbe dovuto o dovrebbe accentuare la recente linea di destra più libertaria (“muskiana”) archiviando alcuni dirigenti di partito poco presentabili. Ma tutto questo (lo insegna l’operazione condotta da Berlusconi nel 1994) sarebbe stato reso più facile dal coinvolgimento in un progetto di governo: altro che cordoni sanitari e strategia dell’isolamento.
A essere isolati - a ben vedere - sono coloro che si anche stavolta si sono mostrati scollegati dal sentimento popolare. Hanno fermato AfD? Può darsi, ma adesso quel partito è alle soglie del 20%. La prossima volta che faranno? Dopo aver scomunicato un elettore tedesco su cinque, tra qualche anno se la prenderanno con un elettore su quattro o un elettore su tre?