Nuovi assetti
Albania, i centri per i migranti? La Francia si schiera con Roma
Oplà, ci sono anche i francesi a ingrossare la fila di Paesi che sull’annoso tema dell’immigrazione appoggiano la linea italiana. Di più: difendono a spada tratta i centri di Shengjin e Gjader, in Albania, che la magistratura nostrana sta provando a boicottare in ogni modo per azzoppare il governo. E così, tra dieci giorni esatti (il 25 febbraio) la Corte di giustizia europea - che dovrà decidere una volta per tutte sulla legittimità delle procedure accelerate previste dal Patto migrazione (entrerà in vigore il primo luglio 2026) e sulla lista di Paesi terzi considerati sicuri per rispedirci i clandestini - esaminerà anche il documento inviato da Parigi: una serie di osservazioni scritte, dal forte impatto politico e diplomatico a favore dell’Italia, decisa com’è ad andare fino in fondo alla faccenda per mettere in moto a pieno regime la macchina dei rimpatri. In udienza spunterà anche il documento della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, quella polacca, che aveva dipinto le strutture albanesi come «un modello su cui lavorare».
I 27 giudici della corte lussemburghese, che si riuniranno in sessione plenaria, dovranno ora vagliare quindici memorie (dodici scritte e tre orali) in totale. Un bel mattone, che si va a sommare alla lettera sottoscritta e inviata lo scorso maggio da 14 Stati membri alla Commissione Europea per chiedere «nuove misure da affiancare al Patto sulla migrazione appena varato inserendo anche gli hub per rimpatriati in Paesi terzi». Esattamente come l’Albania. La Francia, che non aveva firmato quel documento, ora innesta la retromarcia e si schiera al fianco di Giorgia Meloni e Matteo Piantedosi. Insieme a Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Cipro, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Romania e Finlandia. Una composizione eterogenea di Paesi, ognuno con le proprie priorità per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori. Germania (sotto elezioni) e Spagna, invece, restano defilate. Il Portogallo, stando a quanto risulta, potrebbe addirittura esprimere parere contrario alla posizione italiana. In ogni caso, però, dal governo filtra ottimismo. «Questa è la volta buona», si mormora. Persino il Pd si sarebbe rassegnato alla vittoria del governo: il conseguente stop alle speculazioni politiche sui centri in Albania toglierebbe parecchia linfa all’opposizione. Un guaio per Elly Schlein e compagni.
Settimana prossima sarà a Roma il commissario Ue alla Migrazione, Magnus Brunner, e non è affatto escluso un faccia a faccia con Giorgia Meloni. C’è soddisfazione, intanto, per l’appoggio francese. Il ministro agli Affari Europei, Tommaso Foti, spiega: «Si rafforza la posizione italiana secondo cui l’elenco dei Paesi sicuri è prerogativa dei governi. Grazie all’esecutivo Meloni, la nostra nazione è diventata un punto di riferimento per le politiche sull’immigrazione. Il sostegno degli altri Paesi alle soluzioni innovative proposte confermano che la nostra strategia è un modello vincente». Un auspicio («allargare il più possibile il consenso per difendere i confini dell’Ue») e una stoccata («ancora una volta i fatti smentiscono le nefaste profezie di chi prefigura un’Italia isolata in Europa»). Elisabetta Gardini, vicecapogruppo Fdi alla Camera, rilancia: «Grazie al lavoro di Meloni e Piantedosi, l’Italia guida un nuovo approccio alla migrazione, fondato su sicurezza, legalità e cooperazione internazionale. Mentre la sinistra si limita a criticare, il sostegno francese rafforza la nostra posizione in Europa e conferma la validità del nostro operato. Il centrodestra è determinato a fare del modello Albania un riferimento per tutta l’Ue». Tutto il partito del premier, compatto, comincia a togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Anche la Francia sostiene il modello Albania e lo fa in maniera ufficiale, appoggiando la posizione del governo italiano innanzi alla Corte di giustizia europea, insieme ad altri 14 Paesi Ue. Solo la sinistra italiana, affiancata da certa magistratura politicizzata, continua a ostacolare la strategia elaborata dal presidente Meloni, apprezzata in Europa anche da diversi esecutivi di sinistra». Il governo è sempre al lavoro per mettere nero su bianco un nuovo decreto, su cui «sono in corso tutte le necessarie verifiche tecniche», per trasformare le strutture albanesi in Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri) e riempirli di immigrati irregolari su cui già pendono decreti di espulsione.