Elezioni farsa in Zimbabwe

Albina Perri

Robert Mugabe è certo di aver messo al sicuro la vittoria delle presidenziali dello Zimbabwe e accelera i tempi per prestare giuramento, augurandosi di chiudere la pratica lunedì. D’altra parte al ballottaggio si è presentato da solo, dopo la decisione del leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, di ritirarsi dalla corsa, in seguito alle minacce subite e alle violenze che hanno sconvolto lo stato africano, già messo in ginocchio da una terribile crisi economica. L’ONU ha fallito nel tentativo di evitare lo svolgersi di elezioni farsa, come a nulla è servito lo sforzo del Sud Africa di presentarsi come mediatore tra Mugabe e il resto della comunità africana. Secondo i risultati ottenuti dallo scrutinio dei due terzi dei seggi, Mugabe è nettamente in testa sul rivale. La stampa governativa parla di un’alta affluenza alle urne, ma gli osservatori internazionali presenti sul territorio riferiscono che in molte aree la maggioranza della popolazione non si è presentata a votare, nonostante le minacce dei sostenitori del presidente. Le pressioni alle quali sono sottoposti gli oppositori al regime si verificano anche al di fuori dei confini dello Zimbabwe, soprattutto in Gran Bretagna, dove il Movimento per il cambiamento democratico guidato da Tsvangirai svolge un’importante azione di raccolta di fondi. A denunciarlo è il quotidiano “The Indipendent”, definendo “altamente organizzata” la campagna condotta dagli agenti della Central intelligence organisation (Cio) dello Zimbabwe per "terrorizzare" i 4mila membri dell’Mdc che vivono nell’isola britannica. Una vera e propria operazione stile “spy story” con appostamenti, pedinamenti e telefonate minatorie, sulle quali la polizia del Regno ha aperto una inchiesta. In questo modo il Cio prova a bloccare il flusso di denaro che giunge in Africa, un ammontare che va dalle 5.000 alle 10.000 sterline (6-12mila euro) al mese. Cifre che fanno la differenza in un Paese dove l'inflazione è di 3 milioni %, utili per pagare la benzina al partito che i questo modo può provare ad essere presente in ogni regione. Anche Washington alza la voce. Lo fa con le parole di Bush che ha chiesto sanzioni contro il governo di Harare, precisando che sranno imposte contro un “governo illegittimo”, come risposta a “un modo sfacciato di ignorare” la democrazia e i diritti umani.