Tutto quello che non torna

Ecco perché gli Usa tolgono i fondi alle opacità dell'Oms

Gianluigi Paragone

In questi giorni siamo inondati di sigle, organismi, agenzie intergovernative di cooperazione e sviluppo, tribunali internazionali: tutte sovrastrutture che dall’anonimato o quasi diventano primi attori per il solo fatto di essere stati osservati speciali dal “fronte dei cattivi”, ossia Trump in America, la Meloni in Italia e in Europa, Milei in Argentina e via discorrendo.

Sulla Corte penale internazionale si sta dicendo parecchio, pertanto vorrei allargare il discorso a UsAis, piuttosto che all’Organizzazione mondiale della sanità e in generale su tutti quei programmi che, a livello globale, sono diventati “intoccabili” poiché godono di buona pubblicità e sono finanziati dai (soliti) filantropi. Pochi scandagliano nei fondali di queste sovrastrutture per capire gli intrecci, per analizzare i risultati (rispetto ai finanziamenti) e tracciare un bilancio. Com’è noto, Trump ha deciso di sospendere i finanziamenti a favore dell’Organizzazione mondiale della sanità: apriti cielo! Ma pochi sanno che l’Oms è guidata da un “capo” opaco- Tedros Adhanom Ghebreyesus - messo lì dalla Cina che ha fatto pesare i suoi rapporti con l’Africa. Tedros è stato eletto direttore generale nel 2017 col voto favorevole di 133 paesi su 183 ed è il primo africano alla guida dell’agenzia Onu per la salute, grazie a un fitto lavoro diplomatico dell’Unione Africana.

Per capire il senso politico della mossa di Trump va sintetizzata la figura dell’etiope Tedros, ministro di un governo violento e illiberale, che vinse le elezioni con brogli, che represse le proteste nel sangue e che incarcerò oppositori e giornalisti. Dopo la non breve esperienza governativa, Tedros si candidò alla guida dell’Oms e, per non avere seccature nella corsa, insabbiò tre epidemie di colera derubricandole a “diarree acute”. Ma questo è nulla rispetto alla nomina del “tiranno” Robert Mugave nell’organizzazione della sanità. Perché lo fece? Perché Mugave era il presidente di turno dell’Unione Africana che lo scelse come candidato all’Oms. I voti poi arrivarono anche grazie al lavorio della Cina in Africa, un favore che il direttore generale ben ricambiò quando scoppiò il Covid.

 

Se costui è il capo dell’Oms, è bene anche svelare chi è il primo finanziatore privato: Bill Gates, ossia il filantropo più attivo in Africa. Il fondatore di Microsoft non ha perso tempo a criticare Trump sulla decisione inerente Oms, e Musk su UsAid. E se parla Bill Gates chi osa mettere in discussione la sua parola generosa e attenta quando con la sua fondazione c’è da salvare l’Africa! Per mettere a fuoco la figura di Bill Gates cito alcuni passaggi di un libro coraggioso, scritto da tre persone assolutamente terze: Enzo Gesmundo, segretario generale della Coldiretti, Roberto Weber, sondaggista e presidente di Ixè, e Felice Adinolfi, docente di Economia agraria a Firenze. Assieme (con un saggio finale di Massimo Cacciari) hanno scritto “Il cibo a pezzi”. Vi invito a leggerlo perché è una miniera di informazioni preziose e ha il coraggio di svelare gli interessi di multinazionali e persino dei filantropi come Bill Gates, Warren Buffett, George Soros. I quali, attraverso le loro fondazioni (che contano più di molti paesi), esercitano pressioni sulla sanità, sull’agricoltura, sull’immigrazione, “in quei luoghi dove vengono prese le decisioni: FMI, Commissione Europea, OMS, FAO e altri”. 

 

Nel libro si parla del programma Agra, l’alleanza per la rivoluzione verde in Africa: “(...) i soldi messi dai filantropi sono esentasse e i filantropi stessi possiedono quote delle multinazionali che vendono i prodotti (per esempio i OGM, quindi protetti da brevetti nda). Prima del Covid i risultati di queste attività sono i seguenti: la povertà nel blocco dei paesi africani coinvolti è aumentata del 30%, la produttività è uguale, l’accesso al cibo resta precarissimo”. Il resto ne “Il cibo a pezzi”.