chi è Pierre Poilievre

Se l'anti Trudeau vuol portare il Canada a destra

Dario Mazzocchi

 «Il governo dovrebbe in tutti i modi cercare di non ostacolare le libertà»: quella che fuori dal contesto appare una frase fatta, uno slogan snocciolabile per un post sui social media, è in realtà solo una parte di un progetto politico che un giovane Pierre Poilievre scriveva durante l’università in un saggio con cui indicava cosa avrebbe fatto se fosse mai diventato primo ministro. Oggi quello studente è il leader del Partito conservatore canadese che si prepara a diventare per davvero il prossimo capo del governo e a chiudere definitivamente l’epoca progressista di Justin Trudeau. E il principio per cui le libertà vadano tutelate dell’ingerenza governativa è stato sviluppato nel suo manifesto elettorale. Quarantacinque anni, una moglie e due figli, nato da una ragazza madre single e adottato da una coppia di docenti francofoni, Poilievre riassume il tortuoso percorso della destra canadese di cui è sempre stato un sostenitore «insolente», come lo ricordano oggi i professori che lo hanno avuto a Calgary, terza città più popolata della nazione e che deve il suo fiorire all’epopea dei pionieri nell’Ottocento e al petrolio nel ventesimo secolo.

I Conservatori sono all’opposizione del 2015, dopo gli anni ruggenti di Stephen Harper che fu tra i fondatori del nuovo partito, nato dalle ceneri di quello che era stato il Progressive Conservative Party rimasto praticamente a secco con la debacle del 1993 (2 soli seggi) e del movimento Canadian Alliance. Dramma e redenzione di un’area politica che in Poilievre ha ritrovato linfa vitale fino a nominarlo leader tre anni fa. È stato capace di attirare migliaia di sostenitori ai suoi comizi durante le primarie e la cosa assume proporzioni ancora più grandi se si considera l’estensione dei territori canadesi, per cui occorrono anche diverse ore di viaggio prima di raggiungere il centro abitato più vicino.

 

 

Si fermava fino a notte fonda per stringere mani e ascoltare le richieste dei partecipanti su sicurezza, costo della vita e prezzo delle case, cresciuto del 66% con i mandati di Trudeau mentre i salari delle famiglie medie si sono contratti a causa anche delle benevoli politiche migratorie della sinistra. Non sorprende che goda di popolarità trai giovani, preoccupati di non potersi permettere un’abitazione come invece hanno potuto fare i genitori: nel 2011, il 44% di chi apparteneva alla fascia d’età 25-29 anni era proprietario di un immobile, ma in dieci anni la quota è scesa al 36,5%. Il programma conservatore prevede che le città costruiscano ogni anno il 15% di case in più o perderanno una parte dei finanziamenti federali. L’immagine pubblica di Poilievre è stata consacrata con il pieno appoggio alla protesta di “Freedom Convoy”, scoppiata durante la pandemia di Covid-19 con l’introduzione dell’obbligo vaccinale per i camionisti che attraversavano il confine con gli Stati Uniti e che è diventato poi un megafono più ampio a sostegno delle libertà, quelle tanto care al giovane Pierre universitario. Libertà individuale (è abortista), libertà di impresa, libertà dalle tasse, dalle misure inclusive e dall’agenda perbenista woke: pur a favore delle unioni gay, è un feroce oppositore dell’ideologia gender e dei fondi pubblici alle terapie per la transizione sessuale.

La sua è da sempre una carriera politica da “attack dog”, l’espressione usata per indicare chi è pronto a difendere con gli artigli le sue posizioni, aiutandosi anche con toni sopra le righe. Lo scorso aprile, per dire, è stato espulso dalla House of Commons per aver definito Trudeau «wacko», fuori di testa. Ora sta passando all’incasso: con lui il Partito conservatore ha strappato un seggio storicamente progressista a Toronto in occasione di un’elezione suppletiva e i sondaggi lo danno stabile al 47% con oltre venti punti di vantaggio su ciò che resta del Liberal Party.
Con il passo indietro di Trudeau, la cui popolarità è al capolinea dopo una prolungata agonia nascosta dal fascino di cui ha beneficiato specie all’estero, i canadesi hanno trovato una valida alternativa di rottura per quando si recheranno alle urne il prossimo ottobre (termine naturale della legislatura) o prima: dipenderà dall’esito delle primarie del Liberal Party e dalla volontà di chi sostituirà il piacente – e deludente – Justin. Il saggio di intenti allora valse a Poilievre un premio di 10.000 dollari: a questo giro la posta in palio è un posto al tavolo dei grandi.