Sinistra smentita

Almasri? Tutta la verità sul generale libico: il viaggio, il fermo e il rilascio

Brunella Bolloli

I fenomeni dell’opposizione che da giorni lanciano invettive contro il governo Meloni per il caso del presunto torturatore libico Jeem Osama Elmasry Habish, per tutti “Almasri”, dimenticano che esiste la ragion di Stato e fingono di ignorare quanto la sicurezza nazionale sia al centro dell’agenda di un esecutivo di centrodestra. I signori della minoranza continuano a invocare le dimissioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio, del collega dell’Interno, Matteo Piantedosi, e della stessa premier Giorgia Meloni tutti colpevoli, secondo loro, di avere lasciato andare il “macellaio” libico ricercato dalla Corte penale internazionale per evitare che potesse raccontare in qualche processo dettagli indicibili sulle intese tra Roma e Tripoli in materia di migranti.

Costoro denunciano una violazione del diritto internazionale da parte del nostro Paese nonostante le procedure siano state rispettate, e annunciano una commissione d’inchiesta sugli accordi Italia-Libia. Eppure le regole parlano chiaro e dicono che ai sensi dell’articolo 2 della legge 237 del 2012 recante “Norme per l’adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale”, i rapporti di cooperazione tra lo Stato italiano e la Cpi sono curati in via esclusiva dal ministro della giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito. Inoltre, si legge, «il ministro concorda la propria azione con altri ministri interessati, altre istituzioni o organi dello Stato. Al Guardasigilli compete altresì di presentare alla Corte atti e richieste». Entrando nel merito, è l’articolo 4 della suddetta legge a stabilire che «il titolare della Giustizia dà corso alle richieste formulate dalla Cpi, trasmettendole al procuratore generale presso la corte d’appello di Roma perché vi dia esecuzione, ovvero perché presti assistenza al procuratore della Corte penale internazionale nello svolgimento dell’attività da eseguire nel territorio dello Stato». Tralasciando i tecnicismi, la sintesi è che il libico ricercato dalla Cpi non poteva essere arrestato senza che il titolare della Giustizia fosse stato informato. Un cavillo, ha obiettato qualcuno, ma così prevede la normativa.

 

 

 

Nordio mercoledì sarà sentito dal Copasir ed è evidente che l’audizione verterà sul caso del libico. Nello stesso giorno al Senato si terrà l’informativa del ministro dell’Interno, Piantedosi, con tutti i dettagli relativi al fermo e all’espulsione del direttore del carcere di Mitiga, la struttura di Tripoli controllata dalle forze speciali di deterrenza (Rada), che comandano sui miliziani più estremisti. Almasri in patria è una sorta di capo della polizia giudiziaria, incarico che svolge di sicuro con il pugno duro, visto che è accusato delle peggiori nefandezze. È un soggetto «pericoloso» e per questo, una volta arrestato e scarcerato in Italia, è stato messo su un volo di Stato, con la scorta a bordo armata, e rispedito in Libia, dopo il rilascio avvenuto il 21 gennaio dal carcere di Torino.

Nordio ha assicurato che spiegherà i fatti dopo l’informativa di Piantedosi in Parlamento, ma alcuni punti sono già noti. Si sa, ad esempio, che la Corte dell’Aja ha spiccato il mandato di arresto del libico il 18 gennaio, giorno in cui Almasri mette piede in Italia dopo avere viaggiato per mezza Europa dal 6 gennaio e dopo avere noleggiato in Germania una Mercedes con tre connazionali (già espulsi). In auto il gruppo si è mosso verso Torino perla partita Juve-Milan. Il generale aveva prenotato una camera all’Holiday Inn del capoluogo piemontese. Elì gli agenti della Digos l’hanno fermato domenica 19, visto che un precedente controllo in Germania, il 16, non ha ravvisato criticità (e certo: il mandato di cattura è stato emesso il 18).

 

 

 

La comunicazione della questura di Torino è arrivata al Dipartimento per gli Affari di Giustizia del ministero il giorno dopo, ad arresto già effettuato, senza la preventiva trasmissione degli atti al Guardasigilli, come prescritto dalla legge 237 ecco il cavillo. Il 20 gennaio alle 12,40 il Pg di Roma ha trasmesso il carteggio a via Arenula: centinaia di pagine da tradurre. Quanto alla scarcerazione disposta dalla Corte di Appello il 21, il provvedimento dell’Autorità giudiziaria è stato notificato al Ministero nel pomeriggio della stessa giornata; il dicastero non sapeva della richiesta di scarcerazione formalizzata dalla difesa né tantomeno della procedura giurisdizionale che vi ha fatto seguito, come doveroso che sia, nel rispetto dei diritti dell’indagato e dell’indipendenza ed autonomia della magistratura.